Il cambiamento: nulla più che un tornado. Marco Chisotti
“Tutto ciò che viene detto é detto da un osservatore ad un’altro osservatore, che potrebbe anche essere se stesso.”
Humberto Maturana.
Così nasce l’era della narrazione, la scienza, sostenuta dalla tecnica, sua diretta applicazione, si è messa a narrarci la nostra storia, ma lei, che siamo noi, come può parlare di noi che siamo lei?
Siamo dentro un paradosso e dobbiamo convivere con questo limite, dobbiamo tornare all’esperienza e considerare quella come base, non è l’atomo che fa la cellula, ne la cellula fa il cervello, ne il cervello fa l’intelligenza, ne l’intelligenza fa la coscienza.
Edgar Morin sottolineò molto bene che la somma delle parti di un sistema è più o meno del lavoro delle singole parti, quando si lavora in sincronia e sinergia la somma totale è più della somma delle singole parti, altrimenti può esser meno del lavoro delle singole parti quando non c’è un utile organizzazione, o meglio autorganizzazione delle parti, questa è una cosa semplice da constatare in qualunque esperienza di gruppo che vi venga in mente. Ciò che è sotteso in questo concetto è che la somma è qualcosa di diverso, qualcosa che nasce proprio dal fatto che le parti si trovano a lavorare assieme, è il fenomeno dell'”emergenza” che desidero mettere in luce.
Varela, (2001) prima di lasciarci prematuramente, porta l’esempio del tornado per descrivere il fenomeno dell’emergenza e il suo rapporto con l’auto organizzazione. All’inizio in circolazione nell’atmosfera ci sono innumerevoli particelle di aria e acqua (questo è un normale fenomeno locale). Le fluttuazioni casuali cioè il movimento non ordinato, disordinato, delle particelle, possono condurre, non sempre o necessariamente, ad un “ordine per fluttuazione” (Prigogine,Stengers) che chiamiamo autorganizzazione appunto. Nel meccanismo dell’autorganizzazione, secondo Prigogine, caos e necessità giocano lo stesso ruolo la cui caratteristica è appunto quello che sembra un ossimoro: un’ordine caotico, in un originale contrasto.
Se prendessimo un mazzo di carte le mischiassimo, e le trovassimo tutte in un preciso ordine di scala decrescente dalla prima all’ultima ci stupiremmo immensamente, dimenticando che quel preciso ordine che noi vediamo è un ordine n’è più ne meno di una qualunque altra combinazione possibile, è il nostro modello di ordine ed aspettativa che genera in noi la straordinaria sorpresa.
Attraverso l’autorganizzazione, delle gocce e dell’aria, emerge dall’oceano delle fluttuazioni una nuova struttura, un fenomeno globale – il tornado- con una diversa identità e diverse proprietà un diverso ordine: le gocce di aria e acqua non sfondano case. Il tornado non ha un esistenza sostanziale materiale ma esiste unicamente come pattern relazionale. Ugualmente agli atomi di sale che buttiamo nell’acqua della pasta che dissolta la loro struttura (si sciolgono) perdono la loro proprietà emergente di cristallo. La struttura cristallina del sale è qualcosa di non riducibile agli atomi che la compongono, così come le proprietà della coscienza non sono riconducibili ai suoi correlati neuronali. L’approccio riduzionista spiega il tornado come formato e dipendente dalle particelle di aria-acqua o in un ottica di dualismo moderato come epifenomeno delle stesse. Contro questi approcci Varela porta l’evidenza della causalità discendente: le proprietà globali retroagiscono su quelle locali. Lo slogan usato dall’autore è: ” la mente non è nella testa” ma si trova nel “non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno” (Varela,2000).
Quando ci interessiamo di relazioni d’aiuto entriamo in contatto con un idea complessa, l’aiuto è l’emergenza di più fattori che si intrecciano e che danno un risultato data da una relazione dove le proprietà globali, la relazione d’aiuto, retroagiscono su quelle locali, gli stati mentali, ” la mente non è nella testa” come l’aiuto non è nel counsellor ma si trova nel non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno, nella relazione, è li che avvengono i cambiamenti, è li che si crea la differenza e si sviluppa il potenziale, il risultato è garantito, alla perturbazione il sistema reagisce ciò che non è garantito è il risultato desiderato, quello è sperato ma spesso ci vogliono molte esperienze per avere un cambiamento.
“Quando guardi un sistema vivente trovi sempre una rete di processi o di molecole che reagiscono tra di loro in tale modo da produrre la rete che li ha prodotti e che determina il proprio confine: tale rete la chiamo autopoietica. Ogni volta che incontri una rete le cui operazioni producano se stessa come risultato, sei di fronte a un sistema autopoietico. Produce se stesso. Il sistema è aperto all’ingresso di materia, nutrienti, energia dall’esterno, ma è chiuso rispetto alla dinamica delle reazioni che lo generano”
Humberto Maturana.
Ogni individuo è un sistema autopoietico al suo interno avvengono i cambiamenti possibili rispetto al suo mondo possibile, difficile immaginarlo ma l’ordine del mondo interno non è riducibile alla percezione dell’ordine osservato dall’esterno, è vero che l’individuo dà le risposte che ci servono ma solo attraverso la relazione emerge un nuovo ordine, ma nella relazione non è la semplice somma di due o più parti che ci interessa, sappiamo chi sono gli individui nella relazione, non sappiamo il risultato che otterremo perché è un risultato di “emergenza” quello che si produce e che va a cambiare i singoli elementi di partenza creando in loro un cambiamento utile.
Il risultato che otteniamo è vero per quanto ci ha lasciati diversi, è vera la fenomenologia che possiamo osservare o vivere, il mistero rimane e la verità è rimandata, in una frase di un romanzo di Satprem è riassunto molto bene il sentimento che mi sembra abbia guidato Francisco Varela lungo la sua vita di scienziato: “Una verità che non sia tutto non può essere tutta la verità”, così procedo a veder un pezzo alla volta di ogni stato mentale, per individuarne i passi più significativi alla ricerca di quell’ordine di esperienze che ci fa sentir ben, che ci fa sentir meglio, che fa sentir meglio chi incontriamo e desidera esser da noi aiutato a cambiare, risolvere, affrontare, superare, alle volte capire, ma sicuramente che desidera condividere con noi.