TERAPIA FOCALIZZATA SULLE RISORSE
VS TERAPIA EPISODICO – ESPERIENZIALE
di Marco Chisotti, Ennio Martignago, Antonello Musso e Paola Sacchettino
R.F.T. (Resource Focused Therapy) è il termine coniugato da Keeney per definire uno stile terapeutico dove l’attenzione viene costantemente orientata alla ricerca delle risorse del cliente. Al pari della terapia episodica sottolinea l’attenzione che va riposta nel considerare ogni incontro come un’esperienza a sé un momento dove attraverso la relazione avvengono dei cambiamenti strutturali in ognuno, terapeuta e cliente. Alle volte i cambiamenti strutturali divengono cambiamenti organizzativi, cambiamenti che interessano l’organizzazione mentale stessa della persona. Ciò che più conta è portare il cliente verso le proprie risorse, quindi lasciarlo continuare nella sua narrazione fino a che non tende ad uscire dalle proprie risorse, a quel punto si interviene nuovamente per riportarlo sulle risorse. Questo atteggiamento terapeutico permette di focalizzarsi sulle possibilità che notoriamente sono svanite in chi denuncia un problema o avverte delle difficoltà. Permette inoltre di affrontare e risolvere un tema alla volta, il rischio che si corre spesso in terapia è proprio quello di correre dietro a mille rivoli narrativi senza riuscire a risolvere nulla, bensì entrando nella complessità ingestibile del tutto indifferenziato in cui si trova la persona. Oltremodo l’attenzione alle risorse ed alle esperienze aiuta a non cedere alle lusinghe fuorvianti che si ottengono nel dar spazio a diagnosi ed aspettative terapeutiche che tendono a generare, a loro volta, comportamenti lusinghieri da parte del cliente rispetto alle attese del terapeuta, a sua volta orientato dalle sue teorie e conoscenze nei confronti del cliente. Non la ricerca di patologie, ma lo sviluppo di risorse.
Ecco dunque nascere un percorso terapeutico che genera spiegazioni solo attraverso sequenze di azioni suggerite ed adottate dal cliente durante la terapia. Ecco in sintesi il percorso, nei punti, suggerito dal mio approccio alla terapia esperienziale, riportato da Keeney nel suo libro “Terapia focalizzata sulle risorse”.
Il terapeuta deve raccogliere il minor numero di informazioni dal paziente o quelle ritenute essenziali, per evitare un aumento della complessità e perché ogni paziente ha una riserva infinita di contraddizioni, cambiamenti continui, credenze nelle quali sarebbe facile perdersi, inutilmente.
Utilizzare la minima quantità di tempo nel raccogliere informazioni, focalizzando ogni singola seduta sulle sue risorse disponibili, mantenendo la sua attenzione sul momento emotivo/esperienziale che sta vivendo “qui ed ora”.
Al contempo va utilizzata la minor quantità possibile di teoria in quanto il terapeuta non deve arroccarsi dietro la stessa, quanto deve fidarsi di se stesso e delle sue tecniche. Le teorie servono per esercitarsi, ma ciò che conta durante la terapia è il coinvolgimento di se stesso come terapeuta nella relazione con il cliente, all’interno della seduta.
Inoltre il terapeuta deve fare il minimo, ascoltando il cliente fino a che rimane nel contesto delle sue risorse, interrompendolo solo nel momento in cui tende a vittimizzarsi, allontanandosi dalle sue qualità positive, per riportarlo sulle sue risorse e dandogli il giusto equilibrio.
E’ bene che il terapeuta rimanga “quieto” e, soprattutto, niente psicologia, che porterebbe fuori dal campo delle risorse per cadere nuovamente nella logica delle teorizzazioni, ovvero occuparsi di condotte vuote di senso.
Niente sociologia, niente ideologia, ma improvvisazione perché il paziente è una teoria a sé.
E’ possibile avere un’inversione del senso comune attraverso un comportamento esplorativo dove la curiosità del terapeuta è fondamentale.
Viene ribaltato il senso comune: non si deve partire da un significato per descrivere le singole azioni, bensì utilizzare le singole azioni per giungere ad un significato.
La vita non è altro che l’emergere delle nostre singole azioni ed esperienze, dunque “agire per vedere e non vedere per agire”.
In una visione sistemica contestuale che tale approccio suggerisce, ci si deve basare totalmente sul vissuto del cliente e di tutte le persone che interagiscono con lui a creare quella rete di relazioni, che mantengono lo status quo, sia solutivo, che problematico.
Ad es. se il panico del terapeuta è reattivo al dubbio che un cliente manifesta relativamente al suicidio, egli contribuisce potenzialmente a rinforzare la credenza del cliente nella realtà del suicidio stesso.
Nella terapia non esiste un narratore ufficiale, che implicherebbe dei ruoli prestabiliti terapeuta/paziente, con tutte le aspettative e i limiti che detti ruoli portano con sé, ma una relazione circolare, come già nell’ipnosi il guidare e l’essere essere guidati.
Il flusso delle spiegazioni va bloccato e si deve lavorare sul “non sense”, per aiutare il cliente a costruire nuove strade con cui dare un senso alla propria vita.
Partendo dal presupposto che un fatto non è come è, ma come lo descrivi, aiutare un cliente vuol dire ridisegnare con lui (in corresponsabilità), una nuova mappa di sé e della sua realtà.
Sono le domande non banali, domande che non hanno ancora una risposta e le reazioni del cliente a queste domande che devono incuriosire il terapeuta; la terapia va vissuta più come teatro, in cui allenare il cliente al personaggio desiderato. Maggiore è il coinvolgimento terapeuta/paziente che si riesce ad ottenere, maggiore è l’indice che ci si trova in un contesto di risorse, dove il comportamento assurdo che rompe gli schemi è legittimo e la sperimentazione è benvenuta.
(versione inglese)
THERAPY FOCUSED ON RESOURCES VS EPISODIC-EXPERIENTIAL THERAPY
Written by Marco Chisotti, Ennio Martinago, Antonello Musso and Paola Sacchettino
RFT (Resource Focused Therapy) is the term conjugated from Keeney in order to define a therapeutic style where the attention is constantly oriented to the search of resources of the customer. As the episodic therapy, it emphasizes the attention on every encounter like an experience apart, a moment in which trough the relation happen structural changes in everyone, therapist and customer. Structural changes sometimes become organizational changes, changes interesting the mental organization of the person. The most important thing is carrying the customer towards his own resources, then leaving him continue in his narration until he does not incline to exit from his own resources, so you can bring him back again on his resources. This therapeutic attitude allows to focus on the possibilities that usually vanish in who denounce a problem or perceives difficulties. It moreover allows to face and to resolve a topic at a time; the risk that is often run in therapy is running behind thousand narrations without solving anything, but entering the unmanageable complexity of the undifferentiation where the person finds herself. Otherwise the attention to resources and experiences helps not to yield to misleading flatteries you obtain in giving space to diagnoses and therapeutic expectations that incline to generate, in their turn, flattering behaviours for the customer’s part about the waits of the therapist, in his turn oriented by his theories and knowledge towards the customer. Don’t search for pathologies, but for development of resources.
This way is born a therapeutic distance that gives explanations only through sequences of actions suggested and adopted by the customer during the therapy. Here in synthesis the distance, in points, suggested by my approach to the experiential therapy, brought back by Keeney in his book “Therapy focused on the resources”.
The therapist must collect the less number of information from the patient or only the essential ones, in order to avoid an increase of complexity and because every patient has an endless reserve of contradictions, continuous changes, believes in which it would be easy to get lost, uselessly.
Use the minimal amount of time in collecting informations, focusing every single sitting on his available resources, keeping his attention on the emotional/experiential moment he is living “her and now”.
At the same time, you should use the less amount of theory because the therapist does not have to retreat behind it, but he must trust himself and his techniques. Theories are useful to practice, but what is more important during the therapy is the involvement of himself as therapist in relation with the customer.
Moreover the therapist must do the minimum: listening to the customer until he remains in the context of his resources, interrupting him only when he inclines to victimize, going away from his positive qualities, in order to bring back on his resources and giving him the right equilibrium.
Is good that the therapist remains “quiet” and, above all, no psychology that would carry outside of the field of resources to fall again in logic of theorizations, in other words involving in senseless behaviours.
No sociology, no ideology, but improvisation because the patient is a theory apart.
It’s possible to have a turn of common sense through an exploratory behaviour where the curiosity of the therapist is essential.
Common sense is overturned: you don’t have to start from a meaning to describe single actions, but to use the single actions to reach the meaning.
Life is emerging out of our single actions and experiences, therefore “acting in order to see and not seeing in order to act”.
In the global vision that such approach suggests, you must be totally based on the lived of the customer and of all the people who interact with him to create the net of relations that maintain the status quo, both resolutive and problematic.
For example, if the panic of the therapist is reactive to the doubt that a customer shows to the suicide, he potentially contributes to reinforce the belief of the customer in the reality of suicide.
In therapy there isn’t an official narrator, who would imply pre-established roles therapist/patient, with all expectations and limits that such roles carry with themselves, but one circular relation, like already in hypnosis leading and being led.
The flow of explanations is to be blocked and you must work on “non sense”, in order to help the customer to construct new ways with which give a sense to his own life.
Starting from requirement that a fact is not what it is, but like you describe it, helping a customer means redrawing a new map of himself and his reality.
Non banal questions, that still don’t have an answer, and reactions of the customer to these questions must make curious the therapist; therapy has to be lived more like theatre, in which training the customer to the wished character. Greater is the involvement therapist/patient you can obtain, greater is the index you find in a context of resources, where the absurd behaviour that breaks off the moulds is legitimate and the experimentation is welcome.