I PARADOSSI DELLA COMPLESSITA’
Di Marco Chisotti, Paola Sacchettino e Giuseppe Vercelli
Oggi si vive un clima di complessità in tutti quei rapporti interpersonali, in tutte quelle relazioni tecnologiche, con le quali ci dobbiamo confrontare quotidianamente.
Secondo Leumann, famoso sociologo, ogni sistema sociale semplice che viene avvicinato ad un sistema complesso, tende inevitabilmente a complessificarsi; non c’è più dunque spazio per le società semplici (matriarcali o patriarcali che siano).
La complessità dei rapporti sociali si ripercuote inevitabilmente sulle relazioni umane.
Diviene, dunque, fondamentale saper comprendere, che non vuol dire semplicemente comunicare; non basta capire per comprendere, bisogna arrivare a vivere insieme all’altro una solidarietà unica, creare una comune unità (comunità); occorre creare una realtà condivisa, in cui le parole dell’altro, le sue idee, la sua visione del mondo trovano il loro spazio.
L’essenza del lavoro del counsellor è sicuramente imperniata attorno al concetto di compassione. Il counsellor deve essere in grado di sviluppare delle relazioni d’aiuto in cui non si limita semplicemente a capire, ma è in grado di sviluppare una comprensione tra la propria struttura mentale e quella dell’altro.
Potremmo dire che la capacità del counsellor è quella di mettere i cervelli in derivazione tra loro e creare una mente unica.
Lo strumento più idoneo, a nostro parere, per favorire tale sincronismo tra le persone è la trance condivisa, quel momento in cui con l’ipnosi si riesce a realizzare una sorta di danza tra chi guida e chi viene guidato; la persona si fida e si affida al terapeuta, che in questo modo riesce a comprendere lo stato mentale che la persona sta vivendo, tanto da riuscire a sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, come se ne potesse ricalcare la frequenza.
A questo punto i cervelli sono in attivazione, si ha l’idea più precisa di ciò che significa comprendere l’altro.
L’essere umano vive un’alternanza di sapienza e demenza. Da un lato è continuamente istruito a rispondere razionalmente (homo sapiens), a utilizzare la tecnologia (homo faber), ad impegnarsi nelle attività utilitaristiche (homo oeconomicus) ed adempiere gli obblighi della vita quotidiana (homo prosaicus). Dall’altro lato ogni uomo ha in sé dei principi “fuorvianti” (homo demens), è portato a giocare con e nella sua vita (homo ludens), è in grado di immaginarsi la vita futura (homo immaginarius), è capace di dilapidare grandi quantità di energia (homo consumans) ed è anche capace di poesia (homo poeticus).
Dunque egli, continuamente, vive un bipolarismo in cui l’attività di gioco, di festa, di rito non viene spesa semplicemente in contrapposizione alle attività pratiche e lavorative; il suo credere negli déi o in un Dio, come credere nelle proprie idee non può essere ridotto a pura illusione o superstizione.
Nell’uomo lo sviluppo della conoscenza razionale – empirico – tecnica, non ha mai eliminato la conoscenza simbolica – mitico – magica o poetica.
Nella sua attività comprensiva il counsellor deve essere capace di utilizzare risorse ai confini del razionale; la magia dell’ipnosi è quella chiave d’accesso al mondo di confine che le persone vivono nei momenti critici della loro vita. Il lavoro con gli stati mentali può diventare la soluzione di ogni problema; come “il nome della rosa, non è la rosa”, così la comprensione non è il capire, ciò che conta è stare insieme in quell’attimo, in quel momento, stare insieme all’altro, esserci, completamente liberi da ogni pregiudizio, in grado di condividere fino in fondo quello che sta avvenendo.
Potremmo definire il counselling un’arte, più che una competenza, ed è questo quello che desideriamo portare avanti con voi in questo cammino.
Come per i samurai, il percorso che faremo insieme sarà diviso in due aspetti: uno prettamente dedicato alla competenza tecnica del buon counsellor e l’altro speso per inquadrare la propria filosofia di vita, in cui collocare le competenze acquisite.
Divenire counsellor è una tappa di un percorso complesso, in cui si approfondisce l’idea di saggezza rispetto al proprio contesto di vita, umiltà rispetto alle proprie conoscenze e umana comprensione rispetto agli altri, non potendo prescindere dalla comprensione di sé.
Dal momento che la comprensione non si può ridurre in pochi termini, né si può spiegare con una singola disciplina scientifica, la comprensione diviene una “sinfonia” di sensi e significati; la comprensione del fenomeno umano noi lo registriamo attraverso l’ipnosi e le spiegazioni che ne diamo, in modo orchestrale, prendono spunto da contesti molto diversi.
Si tratta di sostituire un pensiero che separa, che distingue, che crea il particolare (pensiero differenziato), con un pensiero semplice, più in grado di far vibrare le corde dell’emozione, più lineare, irrazionale, infantile nella sua semplicità, che può essere il pensiero dell’amore, della condivisione, della vera compassione (pensiero indifferenziato).
In fondo il counsellor ha il compito di semplificare la complessità, non per ridurla e banalizzarla, bensì per permettere alle persone che vengono a contatto con lui, di giungere a quella comprensione che è la propria umana comprensione, dalla quale può scaturire la comprensione dell’altro.
Ciò che più conta, in fondo, non è dare grandi spiegazioni dei fatti della vita, né andare a cercare nel passato i motivi del nostro tentennare del presente; ciò che più conta è alleggerirsi del peso del problema, del limite, come della costrizione in cui ci si è cacciati, circondandosi di novità, arricchendosi di esperienze e mettendosi in gioco in prima persona.