“Chi disse preferisco avere fortuna che talento percepì l’essenza della vita!” CIT Woody Allen nel film Match Point.
Il caso e la necessità sono un tema scottante nel considerare la libertà ed il vincolo nella crescita dell’umanità, il cammino della conoscenza, partendo dalla grande idea di Platone, noi non possiamo che vedere ombre di una realtà che si proietta al fondo di una caverna, è arrivato a considerare che la realtà, che ci circonda, non è una scoperta dell’uomo, bensì è una sua invenzione, la realtà è un emulazione del cervello umano.
Se pensiamo l’uomo ha subito almeno tre grandi rivoluzioni che han cambiato la sua storia: la prima è stata la rivoluzione della legge Copernicana, che ha decentrato la posizione della terra rispetto al resto dell’universo, ed è andata a sostituire la legge Tolemaica, che poneva la terra al centro dell’universo; la seconda rivoluzione è stata quella di Charles Darwin, che con i suoi studi sull’origine della specie, la teoria evoluzionistica, ha cambiato l’idea creazionista sulla nascita dell’uomo, che considerava la sua origine divina, partendo dal suo più umile antenato la scimmia; la terza rivoluzione è stata la “scoperta” del mondo inconscio, mondo supposto prima da Arthur Schopenhauer, filosofo, e poi da Freud, uno dei padri della storia psicologica moderna dell’uomo, che ha sottratto l’uomo dalla sua convinzione d’essere l’unico padrone in casa propria, considerando la posizione centrale del modo interiore, al di fuori della sua consapevolezza.
Jacques Monod, premio nobel per la medicina nel 1965, con le sue considerazioni sul caso e la necessità, pone il principio del libero arbitrio, e coglie, della biologia, quei temi che ritiene possano maggiormente influire sulla cultura moderna.
La teoria molecolare del codice è da lui presentata come una teoria generale degli esseri viventi, intesi come “oggetti” singolari che si distinguono da tutti gli altri oggetti dell’universo in quanto dotati d’invarianza (capacità di conservare da una generazione all’altra la propria norma strutturale attraverso il DNA ed i suoi geni, particelle proteiche dove è ascritto il contenuto del DNA stesso) e di teleonomia (capacità di trasmettere ai posteri, adeguando le proprie prestazioni, il proprio contenuto di invarianza, attraverso la conoscenza, ed i suoi memi, minime particelle del mondo delle idee capaci di mantenere un vita propria rispetto al cervello umano, tramandandosi attraverso la conoscenza stessa).
Gli esseri viventi si evolvono. L’evento iniziale, la mutazione è per Monod un fatto fortuito, una “fortuna”, un caso; una volta iscritto negli esseri viventi, esso viene replicato, tradotto fedelmente in miliardi di copie ed entra nel campo della selezione, della necessità noi tutti siamo figli del caso e viviamo per necessità.
La storia dell’umanità tutta si è trasformata casualmente e causalmente, tra potere e necessità, fortuna e libero arbitrio, nella storia in cui oggi tutti crediamo d’appartenere, o meglio la storia che la scienza ci suggerisce, ci racconta.
Eppure tutti eran convinti della legge Tolemaica prima di quella Copernicana, del creazionismo divino prima dell’evoluzione della specie di Darwin, della forza del libero arbitrio cosciente e volitivo prima delle teorie di Freud, e poi le di Jung sull’ombra, quella parte inconscia che ogni individuo eviterebbe volentieri di se, oggi sappiamo quanto é diverso il mondo con la presenza dell’inconscio, quanto sia lontano dalla causalità delle macchine banali, quanto sia presente il concetto di casualità nella nostra vita.
L’individuo é una macchina complessa, non banale come un qualunque macchinario di sua invenzione, che cresce, durante la sua vita, lentamente attraverso una complessità di tappe e sviluppi incomprensibili alla stessa scienza.
Voglio pensare che con la teoria degli stati mentali e della nostra coscienza “inconscia” ci troviamo di fronte ad una nuova rivoluzione, alimentata dalla visione di un inconscio, operata da Milton Erickson attraverso l’ipnosi, collaborativo, che si prodiga per noi, che ci aiuta, ci vuole bene e ci guida, un inconscio paragonabile ad un angelo custode, uno Spirito guida, un servo assistente.
“Alcuni dicono che al destino non si comanda, che il destino non è cosa nostra. … Il nostro destino vive in noi bisogna solo avere il coraggio di vederlo.” CIT nel Film Animazione “Ribelle” di B. Chapman.
Tutto è per Shopenauer determinato secondo quattro diverse necessità: la causalità, infatti con il rigido rapporto che lega l’effetto alla causa, la ritroviamo:
– nella necessità logica, per cui la conclusione a cui si evince deve seguire in modo inconfutabile, una volta che le premesse siano state riconosciute valide (ratio cognoscendi), il percorso della conoscenza stessa
– nella necessità fisica, secondo la legge della causalità, per cui l’effetto non può mancare una volta che si sia presentata la causa (ratio fiendi), come il principio “magico” dell’implicazione nell’ipnosi, se X allora y
– nella necessità matematica per cui ogni calcolo esatto risulta di necessità inconfutabile (ratio essendi), il concetto di presupposto, qualcosa che deve essere vera perchè quel che si sostiene abbia un senso.
– nella necessità morale, dove ogni essere vivente deve compiere, appena il motivo si sia presentato, quella azione che sola è adeguata al suo carattere naturale, così come ogni effetto segue ad una causa.
L’effetto può apparire libero nella sua imprevedibile effettuazione ma questo dipende dalla difficoltà di approfondire e conoscere perfettamente il carattere naturale individuale, e qui l’idea del mondo inconscio si presenta per Schopenhauer, che, come causa, l’ha in realtà necessariamente determinato (ratio agendi), l’inconscio agisce, poi con la ragione ci offre la giustificazione del ostro agito, la spiegazione, il perchè.
La “quadruplice radice”, si spiega nel senso che la necessità è riferita a conoscenze che effettivamente si differenziano l’una dall’altra, in quanto all’oggetto conosciuto, ma che hanno una comune “radice” nella facoltà intellettiva che ne coglie l’essenziale necessità, noi non possiamo prescindere da come siamo fatti per dire come siamo fatti ci dice il secondo principio della cibernetica.
Difficile immaginare colui che immagina, è più facile pensare che quello che immaginiamo sia un fatto, un mondo causale, che non un mondo casuale, più facile pensare che ci possa essere un fine nella vita, uno scopo, in fondo se so cosa mi è destinato non mi devo preoccupare d’altro, che di conoscere ciò che penso sia il mio destino, il mio fine, il mio scopo.
In fondo l’umanità si è sempre difesa dal peso e dalla responsabilità del libero arbitrio, pensandosi al centro dell’universo, se si é al centro dell’universo non é possibile sbagliare, si é i predestinati, pensandosi come creature del divino, che ci ha concepiti per cui ha un destino per noi, pensandosi in fondo al centro del proprio volere e possibilità.
La gente ha paura di considerare quanto il caso possa essere fortuna o sfortuna indistintamente, ascoltare la vita delle persone mi ha insegnato che non sappiamo dire da dove arriviamo e non sappiamo dire dove stiamo andiamo, non sappiamo perché viviamo, non nasciamo con uno scopo, ma siamo estremamente curiosi delle nostre origini, l’ipnosi regressiva è molto gettonata, siamo attenti a tutti coloro che possono dirci qualcosa che riguarda la consapevolezza di noi stessi, della nostra coscienza, della nostra intelligenza, e siamo attratti dal nostro futuro, dal poterlo indovinare, prevedere, progettare, maghi, sensitivi, chiaroveggenti, sono figure molto ricercate.
Le persone vanno a farsi rassicurare sulle loro origini per darsi il coraggio di adattarsi alla vita o farsi suggerire come affrontarla, cercano un motivo per vivere e poi son disposti a motivarsi, anzi ne han bisogno, la vita ti guida con le sue richieste, i suoi ruoli, si può vivere semplicemente senza farsi domande, ma se ci si pone delle domande tutto diviene stretto e scomodo, la nostra libertà è subito pretenziosa, ha bisogno d’esser riempita di contenuti che la possano giustificare.
Solo per le emozioni siamo disposti a credere a tutto, l’esperienza della passione, dell’innamoramento, è l’esempio di come, in modo inconscio, la “natura” ci controllala, critica per il resto ci trattiene dall’esser liberi, la critica, che è la nostra conoscenza, ci obbliga ad esser liberi anche se non lo vogliamo, o a non esserlo quando lo vogliamo, impegnandoci in mansioni, ruoli, esperienze, trattenendoci dall’allontanarci dal senso comune condiviso attraverso l’assonanza cognitiva verso il nostro gruppo di riferimento, se abbiamo un pensiero divergente dal gruppo fatichiamo a rimaner soli, a tenerci le nostre convinzioni, spesso preferiamo “rientrare” nella comprensione degli altri.
Alla fine caso, necessità, fortuna, sono descrizioni di punteggiature che diamo agli eventi, alle volte sono tautologie, veritá che non dimostrano nulla, alle volte son delle verità che si nascondono tra i proverbi popolari, tra se pieghe di antiche conoscenze, alle volte son delle bugie che ci raccontiamo.
In fondo ci si domanda spesso quanto le cose abbiano un loro destino e quanto gli eventi dipendano dalle nostre azioni, credo che la domanda sia improponibile, gli eventi personali, sono semplificati nella loro attribuzione, ciò che sto facendo, le cose su cui mi concentro, i miei pensieri, cosa diversa é abbracciare le leggi del destino, nel destino non ci troviamo solo noi, siamo in tanti coinvolti, le considerazioni sul destino, fanno parte di eventi complessi, le quali cause non son riferibili ad una singola persona, la vita non è solo la mia vita, così il destino non è solo il mio destino, per quanto si possa sperare, son livelli logici differenti quelli che entrano in gioco, non possono esser confusi livelli logici differenti.
Così credo proceda il senso della vita, noi lo pensiamo al singolare e lui si svolge al plurale, noi pensiamo che ogni cosa abbai un senso nella nostra vita, ragionando a livello soggettivo costruiamo semplici cause per eventi che son attribuiti a molteplici cause, ma la complessità non la possiamo governare e dunque la lasciamo facilmente andare concentrandoci sulla causa e l’effetto, semplificando, riducendo, modellando, la mappa non è il territorio, come la fede non è la certezza.
Mi ritrovo spesso a pensare a quanto sia strana la vita e questo mi capita facilmente quando ho analizzato molti modi di considerare assieme gli eventi, ascoltando la storia delle persone mi son accorto che la storia è come la complessità, esiste per come la guardiamo, la pensiamo, la vita delle persone diventa una storia solo quando viene raccontata, punteggiata da qualcuno per qualcun’altra. La complessità è simile, è complessa quando la consideriamo nell’insieme delle persone che la condividono, diventa semplice quando è descritta da una sola persona che la confina nelle cause e negli effetti della propria storia.
Alla fine pensando al funzionalismo la mente ed il corpo (ovvero le funzioni psichiche e fisiologiche del vivere) sono considerate allo stesso livello, ad esempio, sia la funzione psichica della percezione che quella fisiologica della respirazione hanno entrambe il fine di garantire la sopravvivenza e l’adattamento al mondo esterno. Così potremmo pensare che caso e necessità possano rientrare anch’esse in una condizione “naturale” di viabilità, adattamento della vita universale, ad un livello superiore che non ci è possibile arrivare senza metter in gioco Dio, sempre considerando di poterlo nominare e dunque specificare.
Pensando al pragmatismo come la dottrina secondo cui non vi sono limiti o paletti alla ricerca se non quelli della conversazione, nessun limite generale imposto dalla natura degli oggetti, o della mente, o del linguaggio, ma solo quei limiti particolari che sorgono nella discussione con gli altri, l’onesto riconoscimento del carattere contingente dei nostri punti di partenza della nostra discussione e l’accettazione che l’unica fonte di guida per noi è la comune eredità e la discussione interna alla comunità umana, qui la fortuna prende un suo fascino, la fortuna è forse il motivo di esistere, le cose non avvengono se non suggerite da chi le osserva, e da chi si sente fortunato nel poterle osservare per il corso della vita intera, è fortunato a poterlo pensare, siamo fortunati di poter vivere caso e necessità.