Chiamale se vuoi … emozioni.
Marco Chisotti
L’esperienza dell’ipnosi è la magia del nostro cervello in azione. Forse un giorno non si parlerà più di ipnosi ne di magia del cervello ma oggi è ancora così.
Quello che succede nella nostra testa è ancora un mistero, e nella sua complessità probabilmente rimarrà così ancora per molto, buona parte delle fantasie sull’ipnosi nascono dall’azione di parti antiche del nostro cervello, strategie “istintive” che un tempo erano alla base della sopravvivenza. In noi tutti esiste ancora un animale che ha bisogno di mangiare, bere, dormire, fare sesso, proteggersi, difendersi, legarsi, appartenere. È un animale che si prende cura del suo simile, altamente organizzato a livello sociale, e come animale sociale in grado di comunicare in modo complesso e sofisticato, e capace di tessere relazioni complesse e sofisticate con i suoi simili e con la natura, ma anche un animale particolare, l’unico assieme alle formiche, in grado di distruggere i suoi simili.
Credo si debba partire dalla struttura del cervello per capire queste “basi” di partenza, tutta l’ipnosi spettacolare, l’ipnosi da palcoscenico, si basa su quest’essenza animale, la presenza in noi di cervelli differenti che solo parzialmente son in armonia tra loro.
In questo complesso mondo di equilibri e convivenze tra parti differenti del nostro sistema nervoso, all’interno del nostro mondo di comunicazione e relazione interpersonale, vi sono empatia e compassione, che, pur rispondendo alla struttura stessa dei nostri neuroni spacchino, vanno ben oltre al semplice modello esplicativo della struttura del cervello nelle sue tre “dimensioni” cervello rettile, cervello mammifero e neuroorteccia.
L’uomo vive una condizione particolare rispetto all’animale, è impegnato in una relazione col mondo, come tutti gli animali, dove sopravvivere ali cambiamenti climatici e strutturali del territorio, ed allo stesso tempo è in relazione con se stesso, e questo tipo di coscienza autreferente è tipica della razza umana, anche molti altri mammiferi e non posseggono una coscienza ma molto limitata nelle sue funzioni, non è in grado di autoreferenzialità, anche quando molto elaborata come quella presente nei primati.
Noi esseri umani non possiamo prescindere da noi stessi e dalla conoscenza che ci portiamo di noi, la nostra cultura!
Ma non basta basta, abbiamo altri “vizi” tipicamente umani che arricchiscono la nostra idea di Ipnosi mantenendola nel contesto magico, oltre a farci vivere in differita l’idea di noi stessi, l’uomo di Neandertal era così, obbligato a rimanere collegato all’utensile da lui costruito, la lancia la usava solo come un forcone, noi umani siamo speciali perché abbiamo preso molto dall’homo sapiens, lui gli utensili li usava in modo creativo, la lancia ha imparato a lanciarla, inventando sempre modi nuovi con cui stupire il mondo sociale fino a stupirsi di se stesso.
La curiosità è il principale di quei “vizi” che ci rendon diversi gli uni dagli altri, la varietà umana è la più ampia tra tutte le forme di vita conosciute, siamo speciali perché possiamo immaginarci le cose e collegarle tra loro, con associazioni che divengono per noi vere e proprie implicazioni, fino a creare dei comandi mascherati da descrizioni, a cui finiamo di obbedire, valori, credenze, convinzioni.
La conoscenza obbliga! Un presupposto fondamentale del costruttivismo è proprio questo, la conoscenza non ci lascia indifferenti, la conoscenza implica la percezione quanto la percezione implica la conoscenza, è come non bastasse non ce la cantiamo e suoniamo suoniamo da soli, c’è la balliamo pure creandoci quelle aspettative che sono alla base delle nostre profetizzazioni, il bisogno di anticipare della nostra intelligenza, considerando gli eventi non come elementi casuali bensì, attraverso l’invenzione del tempo, allineandoli in processi causali fino a confezionarci direttamente una profezia che si auto avvera, noi siamo i migliori profeti di noi stessi, dove i dati non sono altro che “capta” presi, scelti dai nostri sensi istruiti dalle nostre convinzioni,conoscenze per altro funzionali ed istruttive dunque legittimamente utili.
A complicare il tutto ecco che vengon fuori le emozioni, la memoria della storia che ci raccontiamo è intrisa di emozioni che fissano sempre più la memoria stessa, si perché le emozioni servono a memorizzare nei i ricordi la nostra vita, e ci emozioniamo ancora nel ricordare le emozioni che han fissato in noi i nostri ricordi, ed alla fine di questa giostra di emozioni e ricordi non abbiamo solo creato una coscienza, abbiamo dato vita ad universo di reti emotive funzionali in cui siamo sospesi con tutti i nostri simili in un unico sistema d’appartenenza, un unico organismo psicobioemotivo, dal singolo sistema alla massa.
Crediamo alle storie che ci raccontiamo e ci raccontiamo le storie perché le crediamo vere, autentiche, ma è il credere alle storie, il vivere nell’immaginario che ci ha resi quello che siamo, individui in grado di vivere all’altezza dei nostri sogni.
La vita è stata un sogno che ha stimolato l’immaginario fino a spingerci alla consapevolezza del nostro sognare, realizzando i sogni che han prodotto i nostri credo, le nostre convinzioni, le ideee, i pensieri e le emozioni stesse. Dal mondo delle idee attraverso in flusso della vita, saldando nelle memorie cognitive e del corpo, una stretta rete di riti e miti, che nel tempo si son strutturati in complessi significati.
Ma le storie che ci raccontiamo non son storie ingenue son storie complesse. che si generano dalle nostre esperienze attraverso lunghe catene di associazioni, sono storie che si son fissate in noi passando attraverso le concrete esperienze della vita, ma soffiando in loro le “verità” dei riti e dei miti che nel passato la tradizione, ha fissato in noi ancora una volta con grandi emozioni che continuano ancora oggi a farci sognare.