La coscienza come unica realtà possibile, nel verbo essere: Io sono. Marco Chisotti
Prendo in analisi la possibilità di avere una mappa della nostra mente e del suo funzionamento al fine di valutare la possibilità di spiegare più in dettaglio l’attività degli stati mentali sull’origine della nostra coscienza, uso il lavoro sulla coscienza di Antonio Damasio e mi oriento sui tre punti principali che lui ha sviluppato durante le sue ricerche:
1. La biologia che permette alla conoscenza della coscienza (consciousness), la nostra consapevolezza, di cogliere i passaggi dall’innocenza (innocence) e dall’ignoranza, mancanza di conoscenza e dunque di consapevolezza, fino alla conoscenza che obbliga impegnandoci a pensare ed agire, ed al senso di sé, il nostro essere ed esistere a noi stessi ed agli altri.
2. Il senso del sé (sense of the self), l’identificazione del proprio se autoriferito, autobiografico, attraverso memoria del corpo (comprensivo del secondo cervello la pancia) e del cervello principale, il capo.
3. La teoria di emozioni e sentimenti che emerge dal lavoro di Antonio Damasio
Ci sono due elementi che dobbiamo prendere in considerazione per affermare il concetto di coscienza:
Il primo elemento da prendere in considerazione è come il nostro cervello crea i modelli (patterns) mentali che vengono definiti immagini (images), con immagine bisogna intendere uno schema mentale in una delle nostre modalità sensoriali, come l’immagine di un suono, un’immagine tattile, l’immagine di uno stato di benessere: queste immagini portano con sé aspetti delle caratteristiche fisiche dell’oggetto e possono anche portare con sé la reazione di piacere o di dispiacere che abbiamo per l’oggetto, i progetti che possiamo formulare su di esso o la rete di relazioni di quell’oggetto nell’ambito di altri oggetti. È ciò che intendiamo ancoraggio, implicare esperienze diverse evocando l’hai con un’unica sensazione, percezione, cognizione. Oltre alle immagini ci sono gli oggetti, per oggetto intendiamo entità tra loro assai diverse come una persona, un luogo, una melodia, un mal di denti, uno stato paradisiaco, queste sono le due parti di lavoro del nostro cervello, un lavoro per immagini, è un lavoro sugli oggetti.
Il secondo elemento da prendere in considerazione si riferisce a come, contemporaneamente alla costruzione degli schemi mentali di un oggetto, il cervello costruisca anche un senso del sé nell’atto di conoscere. Noi manteniamo una nostra identità continua durante tutte le attività cognitive che svolgiamo, anche se la nostra concentrazione e altrove, noi siamo coscienti di noi stessi. E questo è un elemento molto importante, risolvendo il quale avremmo chiarezza su come la coscienza si espande sia sulla realtà che sono gli stessi, nella stessa maniera in cui, a differenza delle macchine fotografiche che hanno bisogno di cambiare obiettivi, il nostro cervello opera in modo parallelo su esperienze differenti.
Si tratta di scoprire se possibile il substrato (underpinnings) biologico di quella capacità umana di costruire anche gli schemi mentali che portano con sé gli oggetti, il senso di un sé nell’atto di conoscere, altre all’attività legata alle immagini stesse.
La coscienza comincia come il sentimento di quello che succede (the feeling of what happens) quando vediamo sentiamo o tocchiamo quindi il sentimento che accompagna la fabbricazione delle relative immagini all’interno del nostro organismo. È una forma di conoscenza senza parole, la forma più semplice in cui questa conoscenza senza parole emerge mentalmente è il sentimento di sapere (the feeling of knowing), il sentimento di quello che capita quando un organismo è impegnato a processare un oggetto, ed è solo dopo che possono cominciare a verificarsi inferenze e interpretazioni intorno al sentimento di sapere.
Esistono quindi due differenti esperienze una è legata al sentimento di quello che succede, l’altra è legata al sentimento di sapere, noi ci rendiamo conto di un’esperienza e poi vogliamo capirla.
Ci concentriamo sulla spiegazione di come il senso del Self, autoconsapevolezza, nell’atto di conoscere un oggetto compaia nella mente, lasciando in secondo piano il problema dei quaglia.
I qualia sono le qualità sensoriali semplici che si trovano nel blu del cielo oppure nel tono di un suono prodotto da un violoncello e i componenti fondamentali delle immagini nella metafora del film sono pertanto fatti di qualia.
Avere dunque un senso del self, una consapevolezza di sé non è solo richiesto per conoscere in senso stretto, ma può anche influenzare il processare una qualunque cosa da conoscere. In altre parole, occupandosi del problema del self, della coscienza ci si occupa anche del problema dei qualia con riferimento alla rappresentazione dell’organismo che ha coscienza.
Qui di seguito vado a considerare alcune osservazioni sul lavoro di Damasio che sottolineano elementi strutturali del cervello rispetto alla coscienza delle osservazioni neurologiche e degli esperimenti:
a) In particolare ci sono alcuni aspetti della coscienza che possono essere messi in relazione con l’operatività di specifiche regioni e sistemi cerebrali, portando in questo modo a conoscere l’architettura neurale che fa da supporto alla coscienza stessa. Le regioni e sistemi in questione si raggruppano in una parte limitata dei territori cerebrali e quindi, come per funzioni quali la memoria ed il linguaggio, ci sarà un’anatomia della coscienza. La coscienza ha una sua locazione come per le funzioni della memoria e del linguaggio, ha dunque lo spazio privilegiato in cui lavora nel nostro cervello.
b) La coscienza e lo stato di veglia, così come la coscienza e l’attenzione di basso livello, possano essere separate. Coscienza è stato di veglia sono così due esperienze che riguardano aree differenti del cervello e che possono essere quindi separate, non c’è dunque una influenza da parte della coscienza, consapevolezza sullo stato di consapevolezza d’esser svegli.
c) Invece coscienza e emozione non sono separabili: quando la coscienza è lesa, altrettanto lo è l’emozione. Quando siamo emozionati le nostre emozioni impattano sulla nostra coscienza, generando stati mentali alternativi, o alterati, rispetto allo stato mentale di partenza.
d) La coscienza non è monolitica, perlomeno negli esseri umani, può essere separata in due tipi, semplice e complessa, Core consciousness e extended consciousness.
La Core consciousness (coscienza nucleare, nel senso di nucleo della coscienza), offre all’organismo un senso del self, una consapevolezza, rispetto ad un determinato momento (ora) e ad un determinato luogo (qui). E l’abilità del nostro cervello di mettere insieme spazio e tempo in un’unica dimensione, il tempo come la quarta dimensione dello spazio come intendeva Einstein. L’ipnosi in particolare È molto sensibile alla dimensione spazio temporale, parlando di ipnosi verticale si va in profondità di trans, perdendo poco alla volta le funzioni complesse del nostro cervello, fino ad arrivare allo stato di sonno dove sia perdita di coscienza, parlando di ipnosi orizzontale, la coscienza rimane integra ma dedicata a un altro soggetto, impossessamento, trasferimento, si vive nei panni di un’altra persona o un’esperienza «reale», ci si sposta nel tempo e nello spazio utilizzando in modo continuativo tutte le funzioni del nostro cervello. L’ambito della core consciousness è il qui e ora; la core consciousness non illumina il futuro ed il solo passato che ci lascia vagamente intravedere è quello che si è verificato proprio un momento fa; non c’è un altrove, non c’è un prima, non c’è un dopo, è l’istante che continua. Durante l’esperienza dei trans regressiva si vive spesso una trasposizione in un’altra persona, L’ipnosi è di tipo orizzontale in questo caso, non sia perdita di attività cognitiva, se non in piccola parte, e cervello viene mantenuto attivo in tutte le sue parti, questo può essere messo in luce se si monitorizza l’attività cerebrale.
L’Extended consciousness (coscienza estesa), il tipo complesso di coscienza, esperienza che portiamo della nostra identità, è l’insieme del nostro essere cosciente, infatti quando consideriamo la coscienza pensiamo all’extended consciousness ai suoi livelli più alti, costruita sui fondamenti della core consciousness. Ai due tipi di coscienza corrispondono due tipi di self, consapevolezza: core self, consapevolezza di base e autobiographic self, consapevolezza autobiografica, dove viene registrata la nostra storia personale, la narrazione di noi stessi.
e) La coscienza è semplicemente spiegata in termini di altre funzioni cognitive, come il linguaggio, la memoria, la ragione, l’attenzione e la memoria di lavoro. Mentre queste funzioni sono davvero necessarie perché la parte più elevata dell’extended consciousness possa operare normalmente, lo studio dei pazienti neurologici suggerisce che esse non sono peraltro richieste per la core consciousness. In conseguenza di questo, una teoria della coscienza dovrebbe essere non solo una teoria di come la memoria, la ragione e il linguaggio aiutano a costruire, dall’alto al basso, un’interpretazione di quello che succede nel cervello e nella mente (certo, la memoria, le inferenze intelligenti e il linguaggio sono fondamentali per la generazione di quello che chiamo l’autobiographical self e il processo di extended consciousness) ma dovrebbe dar conto anche del fenomeno più semplice e di base che si verifica in prossimità della rappresentazione inconscia dell’organismo interessato. Questo per dire che si deve valutare molto l’aspetto fisico dell’esperienza cosciente, alla base dei nostri comportamenti cioè costantemente una conoscenza di base che ci mantiene vivi, e che seppur rimane separata dalla coscienza e non interferisce direttamente, e comunque parte integrante dell’esistere.
La coscienza quindi è il rito di passaggio che consente ad un organismo, provvisto della capacità di regolare il suo metabolismo, di riflessi innati e della forma di apprendimento nota come condizionamento, di diventare un organismo con una mente (minded), cioè un tipo di organismo in cui le risposte sono modellate da una preoccupazione e cura (concern) mentale per la vita stessa dell’organismo. Ogni essere vivente esprime poi a modo proprio, a seconda della sua complessità, una propria coscienza, dagli individui più semplici a quelle più complesse anche l’articolazione della narrazione diviene sempre più sofisticata, autoreferenziata, noi siamo protagonisti, non solo della nostra vita, anche, in qualche modo, protagonisti di una storia che dal passato, quello che siamo stati, va ad un futuro, quello che saremo dopo la nostra morte.
La coscienza è stata espressa come una costruzione, nel modello proposto da Damasio, dove la coscienza da un lato è attiva nell’organismo che è impegnato nella relazione con qualche oggetto, e dall’altro lato l’oggetto stesso della sua relazione causa un mutamento nell’organismo.
Così il problema di capire la biologia della coscienza diventa la questione di scoprire come il cervello può mappare sia i personaggi sia le relazioni che essi intrattengono. Qui si può comprendere la complessa, articolata esperienza della relazione, e attraverso la relazione che si hanno i cambiamenti nella relazione d’aiuto, l’Ipnosi è un’attività continua proposta di cambiamento attraverso la relazione, l’ipnosi costruttivista dal lato suo in particolare, declina tutti i passaggi costruttivi dell’esperienza complessa della coscienza.
Nel gioco relazionale della coscienza, l’oggetto si mostra in forma di schemi neurali nelle aree corticali sensoriali appropriate a mappare le sue caratteristiche. Dal punto di vista dall’organismo, però, le cose sono alquanto differenti. Infatti esiste una strana asimmetria in cui alcune parti del cervello sono libere di girovagare per il mondo e, così facendo, sono libere di mappare qualunque oggetto la determinazione dell’organismo consenta loro di mappare, d’altro canto altre parti del cervello, quelle che rappresentano lo stato proprio dell’organismo, non sono per niente libere di girovagare, sono bloccate, non possono mappare null’altro che il corpo e lo possono fare solo all’interno di mappe largamente predeterminate. Siamo costantemente oscillanti tra desideri e necessità, e tutto quanto viene processato, ed equilibrato, a livello inconscio, una piccola porzione emerge, a livello di coscienza, e la porzione noi la definiamo libero arbitrio.
Questo evento, principio omeostatico del corpo, è governato dal cervello con un macchinario neurale in grado di accorgersi delle variazioni chimiche del corpo e decidere azioni votate al sopravvivenza dell’organismo stesso: questa è una nuova conoscenza che viene creata man mano che degli oggetti presenti o rievocati interagiscono con l’organismo e ne causano un cambiamento. Quindi la forma più semplice di questa conoscenza è il sentimento di sapere. Da qui il nostro forte bisogno di capire, conoscere, un’esperienza questa che completa la nostra coscienza basale di un corpo e delle sue necessità funzionali che sono per noi inconscie.
Le radici profonde del self, compreso il self elaborato che implica l’identità e la personazione (personhood, il costituirsi e modellarsi della personalità, costituita da una parte di carattere, legata alle nostre esperienze, è una parte legata al temperamento che ci viene dal nostro DNA.), vanno ricercate nell’insieme degli strumenti (devices) cerebrali che continuamente e inconsciamente mantengono lo stato corporeo all’interno di quella ristretta gamma e di quella relativa stabilità che sono necessarie per la sopravvivenza. Questi strumenti rappresentano continuamente, inconsciamente, lo stato del corpo vivente in tutte le sue molte dimensioni. Damasio chiama lo stato di attività all’interno dell’insieme di questi strumenti proto-self, il precursore inconscio dei livelli di self che compaiono nella nostra mente come protagonisti consci della coscienza: il core self e l’ autobiographical self.
Il Core self (self nucleare, nucleo del self) è il senso di sé che emerge nella core consciousness, un’entità provvisoria, che viene incessantemente ricreata per ogni specifico oggetto con cui il cervello interagisce. Come se noi fossimo attrezzati ad avere più conoscenze per le concentrazioni che mettiamo delle nostre esperienze, come se ogni esperienza chiedesse di essere così seguita da dedicarci una coscienza. Nel campo nello sport è facile trovare quest’esperienza nella condizione di flusso, una concentrazione particolare, una vera e propria coscienza dedicata.
L’autobiographical self è Invece un processo di attivazione e di visualizzazione coordinata di ricordi personali basato su una rete a più siti: le immagini che rappresentano questi ricordi esplicitamente sono mostrate in molte aree corticali antiche e sono poi mantenute nel tempo dalla memoria di lavoro; esse sono trattate come un qualunque altro oggetto e diventano note al semplice core self generando i loro propri impulsi (pulses) di core consciousness.
L’autobiographical self (self autobiografico) è legata all’idea di identità e corrisponde a una collezione non provvisoria di fatti unici e di modi di essere che caratterizzano una persona. L’autobiographical self dipende da ricordi (memories) sistematizzati di situazioni in cui la core consciousness era impegnata nel conoscere le caratteristiche più invarianti della vita di un organismo: da chi si sia nati, dove, quando, che cosa ci piaccia e che cosa non ci piaccia, il modo in cui per solito reagiamo a un problema o a un conflitto, il nostro nome e così via.
L’identità e la personazione, le due nozioni che vengono per prime in mente quando pensiamo alla parola sé, richiedono una memoria autobiografica (autobiographical memory), per denotare la registrazione organizzata degli aspetti principali della biografia di un organismo, e l’attualizzazione nell’autobiographical self. Il deposito delle registrazione nella memoria autobiografica contiene i ricordi che costituiscono l’identità insieme con i ricordi che ci aiutano a definire la nostra personazione.
Emozioni e sentimenti aprono il capitolo dove Damasio applica una distinzione tra ‘sentire’ e ‘sapere di avere un sentimento’ (feeling versus knowing that we have a feeling); questo dipende dal fatto che lo stato di sentire non implica che l’organismo che sente sia pienamente cosciente dell’emozione e del sentimento che si stanno dispiegando, può essere una effrazione del senso comune di intendere, ma il nostro organismo può sentire senza avere consapevolezza e questo sentire implica una reazione del corpo. Damasio sostiene che un organismo possa rappresentare in schemi neurali e mentali quello stato che gli individui consci chiamano sentimento, senza neppure sapere che quel sentimento sta avendo luogo. Questa separazione è difficile da vedere, non solo per via del tradizionale significato delle parole, ma anche perché tendiamo ad essere consci dei nostri sentimenti, tendiamo a privilegiare gli aspetti conosci della nostra esperienza. Non vi è peraltro alcuna prova che noi si sia consci di tutti i nostri sentimenti, ed anzi molte cose suggeriscono che non lo siamo affatto. I sentimenti probabilmente anticipano gli eventi, noi con la nostra coscienza abbiamo un ritorno secondario di ciò che è successo.
È per prendere in considerazione questi fenomeni, è bene separare tre stadi possibili di questo processo:
· lo stato dell’emozione, scatenato ed eseguito in modo non conscio, vivere un emozione, manifestarla a livello corporeo, non avere però nessuna consapevolezza del fatto.
· lo stato del sentimento, che può essere rappresentato in modo non conscio, vivere un sentimento, avere manifestazioni cognitive del sentimento, ma non avere consapevolezza precisa di quello che è accaduto.
· lo stato del sentimento reso conscio, cioè noto all’organismo cha ha sia l’emozione sia il sentimento, referenza completa sia livello di emozione e di sentimento.
Mantenendo netta la distinzione tra emozione (una collezione di risposte, molte delle quali sono osservabili pubblicamente) e sentimento (l’esperienza mentale privata di un’emozione), si può affermare che:
· alcuni aspetti delle emozioni che danno origine ai sentimenti sono chiaramente osservabili, le mie reazioni cognitive possono essere le più disparate, non possono essere osservate, possono rimanere come mia esperienza interiore;
· i meccanismi di base che sottostanno all’emozione non richiedono la coscienza: lo stesso verificarsi di un sentimento nella limitata finestra di tempo del qui-e-adesso è concepibile senza che l’organismo in realtà ne conosca l’accadere, possono partire dei meccanismi inconsci, dei quali non conosciamo l’origine, e possono darci manifestazioni somatiche, o sentimentali, potenzialmente non consapevoli;
· non siamo necessariamente consci di che cosa induca un’emozione e non possiamo controllare un’emozione con la volontà: in altre parole, possono verificarsi rappresentazioni – dell’esterno e dell’interno – al di sotto della consapevolezza e nondimeno esse possono creare risposte emotive, gli ancoraggi sono un esempio tipico di implicazioni in consapevoli o consapevoli di stati mentali, stati emotivi, che si sono memorizzati nel corpo e nel cervello di cui non abbiamo necessariamente consapevolezza;
· possiamo in parte controllare se permettere ad un’immagine, capace di scatenare emozioni, di restare o meno come obiettivo dei nostri pensieri; possiamo inoltre controllare in parte l’espressione delle nostre emozioni: alcuni di noi diventano abbastanza bravi nel prevenire l’espressione di un’emozione, ma, in sostanza, quello che riusciamo a conseguire è solo la capacità di dissimulare alcune delle loro manifestazioni esterne, senza mai diventare capaci di bloccare i mutamenti automatici che avvengono nelle viscere e nel nostro ambiente interno. Questo fenomeno rende molto significativo il lavoro Psico Bío Emotivo nelle relazioni d’aiuto dal momento che interviene su tre livelli differenti, tre diverse finestre di apertura che possono essere alternativamente cosce o inconsce all’individuo stesso, e questo sia che la persona sia consapevole o o inconsapevole del trattamento ricevuto;
· lo scatenamento dell’emozione è completamente non conscio, il che spiega, tra l’altro, perché le emozioni sono così difficili da imitare consciamente (sono eseguite da strutture cerebrali profonde, sulle quali non è possibile esercitare alcun controllo volontario).
Le emozioni (tradizionalmente distinte in primarie, secondarie e di sottofondo) condividono tutte un insieme di fatti biologici:
· sono collezioni complesse di risposte chimiche e neurali che formano degli schemi, strutturazioni abitudinarie, hanno un qualche ruolo di regolazione da svolgere, riequilibrio, ristrutturazione, e portano tutte, in un modo o nell’altro, alla creazione di circostanze vantaggiose per l’individuo che le sperimenta, l’inconscio lavora sempre a vantaggio della persona, a meno di lavorare per incroci collettivi per cui lavora per un vantaggio di gruppo. Queste circostanze vantaggiose agiscono mediante la produzione di una specifica reazione alla situazione causativa, regolando lo stato interno dell’organismo per predisporlo a quella specifica reazione; le emozioni vanno pertanto considerate come un componente di livello alto nell’ambito dei meccanismi di regolazione vitale;
· sono processi biologicamente determinati, in dipendenza da strumenti cerebrali precostituiti in modo innato sulla base di una lunga storia evolutiva, come per il linguaggio molte altre funzioni biologiche e agiscono a livello relazionale partendo da una base innata;
· gli strumenti cerebrali che producono le emozioni occupano una piccola area delle regioni subcorticali, nell’ambito delle strutture deputate alla regolazione ed alla rappresentazione degli stati corporei;
· tutti questi strumenti entrano in azione in modo automatico, senza alcuna deliberazione conscia, ed operano in modo fondamentalmente stereotipato;
· le emozioni usano il corpo come loro teatro, ma influenzano anche il modo di operare di numerosi circuiti cerebrali, alterando profondamente sia il panorama corporeo sia quello cerebrale; la collezione di questi cambiamenti costituisce il substrato degli schemi neurali che possono diventare sentimenti. Forma e processo sono le due parti dell’esperienza, il processo, é per buona parte inconscio, è lo scatenarsi delle emozioni, il processo lascia spazio alla forma, attraverso l’uso del linguaggio, quando si acquisisce consapevolezza, a quel punto i sentimenti prendono spazio nel nostro pensare;
· tutti gli oggetti tendono ad acquisire un qualche attaccamento emotivo, alcuni più rapidamente di altri: c’è una certa corrispondenza tra certi tipi di stimoli e certe classi di emozioni. Tutta la percezione attorno a noi é mappata dal nostro cervello ed è tradotta in memorie del corpo e memorie cognitive, il tutto scatenando in noi emozioni che contribuiscono alla memorizzazione dell’esperienza.
Sappiamo quindi di avere un’emozione quando si crea nella nostra mente il senso di un self che sente (feeling self); ma sappiamo di sentire un’emozione precisa, la riconosciamo, solo quando sentiamo che l’emozione è sentita come qualcosa che capita all’interno del nostro organismo. Questo senso di qualcosa che capita all’interno dell’organismo viene dal fatto di rappresentare il proto-self e dalle sue variazioni nelle strutture di second’ordine, le strutture orientate a consapevolizzare l’esperienza. Il senso dell’emozione come oggetto viene dal fatto di rappresentare nelle strutture che sottendono alle rappresentazioni di second’ordine lo schema di attività nei siti di induzione dell’emozione. Alla stregua di quello che succede per gli altri tipi di oggetto Damasio propone che:
· il proto-self iniziale è rappresentato a livello di second’ordine;
· l’oggetto che sta per cambiare il proto-self. (lo schema di attività neurale nei siti induttori di emozione) è rappresentato a livello di second’ordine;
Sentire un’emozione è una cosa semplice: consiste nell’avere immagini mentali che nascono dagli schemi neurali che rappresentano le variazioni nel corpo e nel cervello che costituiscono un’emozione. Ma sapere che abbiamo quel sentimento, sentire quel sentimento (feeling that feeling), si verifica solo dopo aver costruito le rappresentazioni di second’ordine necessarie alla core consciousness.
La collezione di schemi neurali che costituiscono il substrato di un sentimento origina in due classi di variazioni biologiche:
1. variazioni riferite allo stato corporeo, ottenute attraverso due meccanismi:
· body loop: il panorama corporeo muta e viene poi rappresentato nelle strutture somatosensoriali del sistema nervoso centrale, c’è un evidente somatizzazione del sistema nervoso centrale, mutazione del corpo, per questo motivo si parla di loop del corpo;
· as if body loop: la rappresentazione dei mutamenti corporei viene direttamente creata nelle mappe sensorie somatiche, per effetto dell’azione di altre aree cerebrali, senza che sia intervenuta alcuna reale modificazione corporea (simulazione interna), e di questa situazione interna potremmo non avere nessuna consapevolezza.
2. variazioni riferite allo stato cognitivo, per opera della secrezione di specifiche sostanze chimiche che inducono significative alterazioni della funzione cerebrale, quali l’induzione di particolari comportamenti (legame, gioco, ecc.), una variazione nella modalità in atto nel processare gli stati somatici (filtri, inibizioni, ecc.), una variazione della modalità del processo cognitivo (una variazione del ritmo di produzione delle immagini, ecc.). Queste tre modalità sarebbero presenti in varie specie non-umane, ma solo negli esseri umani la terza potrebbe essere conscia.
Portando il discorso alla conclusione, uso la tesi del “marcatore somatico” di Damasio: il nostro corpo manda dei segnali che noi cogliamo attraverso le sue manifestazioni (battito cardiaco, ritmo del respiro, movimenti viscerali, sudorazione) e che ci orientano. Le sensazioni positive sono l’implicito e automatico “ok”, mentre quelle negative servono da inibitori rispetto alla scelta cui siamo di fronte e di cui l’organismo valuta i possibili esiti sulla base delle esperienze precedenti e di meccanismi innati.
«La nostra comprensione del processo delle sensazioni, ovvero delle esperienze mentali associate agli stati corporei, è cresciuto molto negli ultimi anni, le sensazioni sono la chiave per comprendere la mente umana (insieme alle emozioni, ovvero programmi di azione suscitati da stimoli esterni, come la paura, che ci fa scappare o combattere, e la compassione, che ci fa aiutare chi soffre). Attraverso lo studio delle sensazioni capiamo come funziona la nostra bussola morale, la nostra creatività e anche il processo della soggettività, che è la componente principale della coscienza». Antonio Damasio.
Prendendo spunto da Damasio e dalla sua teoria dell’io e della coscienza, e della loro origine si può proprio a partire dalle sensazioni corporee, le prime di cui abbiamo consapevolezza, le prime che ti possono guidare nel Metodo Psicobioemotivo al trattamento della persona, senza incagliarci nel mondo dei idee, le prime che ci permettono, ascoltando ciò che ci dice la persona, di essere guidati verso la soluzione nella relazione d’aiuto.
«Si tratta della combinazione della capacità di avere una sensazione (o un’emozione) in relazione a un oggetto o a un’idea e della capacità di collocare la sensazione e l’immagine dell’oggetto o dell’idea all’interno delle coordinate del nostro corpo». Antonio Damasio.
A proposito della coscienza, in particolare della caratteristica fondamentale della coscienza, costituita appunto dalla soggettività, la soggettività è la capacità di avere una esperienza mentale che fa riferimento al proprietario della mente, il nostro io inteso come processo (e non come entità astratta), ci permette di porre in noi l’esperienza, di sentirla come nostra, molte persone continuano ad avere un’intuizione ingenua sul rapporto tra mente e cervello, pensano che la mente sia qualcosa che viene prima, che può, per così dire, prendere le distanze dal corpo, e qui per me nascono le principali concezioni errate da cui partire nella relazione d’aiuto.
«Non c’è nulla di intuitivo su come corpo e cervello producono i processi mentali, se per intuizione intendiamo uno modo speciale di conoscere. La mia convinzione è che più si impara sulla struttura e sul funzionamento dei nostri corpi e dei nostri cervelli, migliori idee possiamo formulare su come funziona il tutto». Antonio Damasio.
È praticamente un anno che seguo in modo dettagliato le idee che Damasio ha strutturato nell’idea di «mente», e del suo funzionamento, nell’attività pratica, che portiamo avanti nella SIC Scuola di Ipnosi Costruttivista, emerge in modo chiaro che l’accesso privilegiato non può essere quello cognitivo, l’Io e le sue forme narrative, ma un processo integrato, Metodo Psico Bío Emotivo come ho già detto, che prende in considerazione accessi multipli e sviluppi articolati del modo di ristrutturare la propria narrazione e di conseguenza le somatizzazioni, o marcatori somatici, del nostro vivere.