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L’ipnosi regressiva e la mente complessa. Lavorar…

L’ipnosi regressiva e la mente complessa.

Lavorare con la mente umana è sempre una straordinaria avventura, non sai mai cosa si può disvelare, e questo anche dopo 20 di attività clinica, anzi potrei dire che il fascino, grazie all’esperienza dell’ipnosi, ed in particolare con l’ipnosi regressiva, è aumentato a dismisura.
Il mio problema è sempre stato la veridicità di un esperienza come la regressione ad ipotetiche vite precedenti, e l’ho risolto focalizzando la mia attenzione su un’altra esperienza che si manifesta anche nelle menti più semplici, l’esperienza della complessità.
Il cervello umano è estremamente complesso ma nella maggior parte delle esperienze si misura con un intelligenza di tipo concreto, quella che accompagna le esperienze di un bambino nei primi 10/12 anni circa della sua vita per intenderci, non essendo implicato in relazioni complesse, e dovendo unicamente rispondere delle operazioni rutinarie legate all’esistenza.
Ma la vita culturale nella quale siamo impegnati ci porta inevitabilmente a complessificarci, ci troviamo quotidianamente a contatto con strutture complesse, come la fitta rete di relazioni in cui siamo implicati costantemente, e chi conosce la teoria del sociologo Luhmann sa che ogni struttura semplice, individuale o sociale, se posta vicino ad una struttura complessa tende a complessificarsi a sua volta.
Siamo figli delle stelle …. diceva una famosa canzone, più complessi di così, le nostre “nobili” origini reclamano voce, così non ci basta più, almeno per l’uomo occidentale, di saper che veniamo dalla terra, vogliamo di più, vogliamo una storia che giustifichi, alle volte consoli, comunque avvalli le nostre “nobili” origini.
Così credo si stia affermando un diritto, quello di pensare d’essere d’origini lontane, e fin qui il nostro DNA non può esser smentito, possediamo parti della struttura, all’interno del DNA stesso, che derivano da uomini e donne nati anche 10.000 anni prima di noi, e tendiamo a tradurre questo fatto innegabile ricercando il “parente nobile” del caso, come disse un famoso giornalista, il nostro destino, e lo facciamo richiamando in noi l’idea di storia. C’ un aneddoto raccontato da Gregory Bateson nel suo libro Mente e Natura, Adhelfi 1979, che aiuta ad entrare nell’ordine di idee della complessità:
“Un uomo voleva sapere cos’è la mente, ma non nella natura, quanto nel suo personale, grosso computer. Così gli chiese (nel suo miglior linguaggio di programmazione, naturalmente): “Tu calcoli che sarai mai come un essere umano?”. La macchina si mise subito al lavoro, analizzando la propria struttura intrinseca. Alla fine, come è costume di queste macchine, stampò la risposta su una striscia di carta. L’uomo si precipitò a prenderla e trovò, nero su bianco, le parole: QUESTO MI RICORDA UNA STORIA.”
Noi viviamo, pensiamo, capiamo, impariamo attraverso storie, abbiamo costante bisogno di andar oltre al caso, per spiegarci la nostra personale esperienza di vita, e questo ci fa star bene, ci fa realizzare, ci fa sentire vivi, è fondamentale per l’esistenza stessa.
Avrete compreso dal mio discorso che non posso entrare in merito sulla veridicità di un esperienza di ipnosi regressiva, ne desidero farlo, ne sarei mai in grado di farlo, ma di un fatto son certo, la vita stessa è una storia, non importa come viene raccontata, da dove arriva e dove porta, la storia è conoscenza, e la conoscenza ha una particolarità, quella di non lasciarci indifferenti, la conoscenza “obbliga”, la storia che ci raccontiamo della nostra origine è conoscenza, come tale impatta sulla nostra esperienza, sulla nostra vita, in modo straordinariamente forte.
Dunque il problema non è da porsi sulla condizione di vero o falso, ma su quale storia varrebbe la pena raccontarsi, qui il lavoro di un buon professionista in relazioni d’aiuto, che sia in grado di usare l’ipnosi, entra in merito e permette di far luce su questa esperienza.
Incrociare il proprio destino col destino di persone che, prima di noi, han dato spazio alla loro vita permette di andare oltre l’ovvio e scontato tran tran quotidiano. Permettersi una storia vuol dire comprendere ed avere consapevolezza di altro, oltre al semplice lavoro della nostra intelligenza concreta, di un mondo astratto nelle sue funzioni elevate, un mondo che no si limita all’anima, da animus azione, ne al corpo fisico, ma ambisce a considerare lo spirito, quella parte dell’essere umano che non si limita al tempo presente, quella parte che trascende l’individuo stesso.
Non voglio però addentrarmi in un ambito che non è strettamente di mia competenza, semplicemente ritorno alla complessità, a cui nella società attuale come abbiamo visto siamo soggetti, e ritengo che l’unica esperienza umana in grado di declinare il verbo ”complessità” sia la narrazione, il raccontarci una storia.
Così ecco compreso il fenomenale momento dell’esperienza regressiva, un momento ricco di tutta l’intelligenza della persona, dedicata a trovare o ritrovare se stessa, nella storia di qualcuno che prima di noi ha affrontato la sua vita come noi, con speranza, illusione, dedizione, fiducia, timore, paura, gioia, felicità, con tutte quante le emozioni umanamente possibili, restituendocele sotto forma di trance ipnotica, come un sonno dove un sogno ci guida, un sogno che ascoltiamo dal nostro profondo, un sogno che parla di noi, di quel che è stato ma soprattutto di quel che sarà.
Potrei continuare ma al momento mi fermo qui rimandando curiosi ed interessati a provare l’esperienza dell’ipnosi, ad uscire fuori dalla barbarie dei luoghi comuni sull’ipnosi, ed usare la loro intelligenza in un modo creativo, oltre che utile e funzionale, a costruire in modo nobile le origini del proprio IO oltre ai limiti della conoscenza accademica verso lo spirito che anima il nostro corpo.