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A cura del Dr. MASSIMO SANTORO

 

L’immagine allo specchio e lo specchio dell’immagine attraverso la fotografia.

L’uso della foto nel Counselling

 

 

 

La fotografia è un fenomeno sociale: dalla fototessera alle foto di cerimonie e vacanze, ai reportage, alle cartoline, ai manifesti pubblicitari e alle foto d’arte essa assume funzioni di documentazione, interpretazione, memoria storica, ricerca sociale, antropologica e psicologica.

E’ parte integrante della vita collettiva e familiare. Sicuramente nelle famiglie dove sono presenti bambini si fotografa di più, ma la necessità di immortalare con immagini fotografiche momenti di vita piacevole, di fermare ricordi ed emozioni viene sentita da chiunque. Basti pensare alla “frenesia fotografica” dei turisti davanti a paesaggi e opere d’arte. 

L’importanza delle fotografie, quale strumento educativo, deriva dall’interesse e dallo stretto legame che esse hanno per la memoria.

La memoria è il mezzo attraverso il quale gli individui conservano i propri trascorsi ed è attraverso i ricordi che noi possiamo comprendere svariate situazioni; infatti, essa contiene: azioni, idee, emozioni, persone, oggetti, che hanno fatto parte e che tuttora fanno parte della personalità e delle esperienze sociali di ciascun individuo.

Attraverso la memoria immagazziniamo le informazioni che assimiliamo dal mondo esterno. Essa può essere paragonata ad una biblioteca, dove accumuliamo tutte le conoscenze che possano servirci per la nostra esistenza o soddisfare i nostri bisogni.

Le fotografie, come mezzo educativo per comprendere e stimolare la nostra memoria, sono estremamente utili all’individuo, poiché la fissazione dei ricordi e del riconoscimento degli stessi, a livello individuale, avviene per mezzo di quadri individuali e sociali preesistenti all’individuo, quali il linguaggio, la rappresentazione dello spazio, le rappresentazioni del tempo, tutti elementi che forgiano ed educano gli individui.

Nella memoria, dunque, il passato non è mai accessibile in modo diretto, e non è mai conservato in modo definitivo.

La mediazione con il presente lo costituisce di volta in volta in forme diverse. La memoria emerge come insieme dinamico, luogo non solo di selezione, ma di reinterpretazioni e riformulazioni del passato (Bartlett, 1932).

La sua funzione più che essere quella di fornire ricordi perfettamente coincidenti del passato, consiste nel preservare gli elementi del passato che garantiscono ai soggetti il senso della propria continuità e la conservazione della propria identità.

Identità che si interseca e si mescola ad altre identità. I gruppi sono il fulcro dove si formano le personalità degli individui, dove si creano pensieri, idee, dove si condividono: oggetti, affetti, sensazioni. Ma le immagini che emergono, quando si richiama il passato, sono diverse da individuo a individuo, pur avendo condiviso lo stesso gruppo. In questa prospettiva la memoria è frutto di una mediazione, di incroci e di integrazioni di memorie diverse. L’azione educativa, quindi, consiste nel richiamare alla mente queste immagini stimolando la persona attraverso un elemento esterno che gli permetta di partorire i propri ricordi.

La fotografia stimola la persona a portar fuori se stesso, nel rispetto di quanto: prova, sente, ricorda.

Le foto portano a riappropriarsi della propria storia di vita o meglio a prendere coscienza di quanto si è vissuto, e ciò, servirà, soprattutto al soggetto per comprendere le rappresentazioni mentali, le immagini, le situazioni, le interazioni, che quotidianamente vede ma non riconosce. Attraverso le fotografie il soggetto ha modo di riflettere su se stesso, sulla realtà familiare, sulla situazione lavorativa, sulle dinamiche d’interazione che usa, sui suoi sentimenti, paure, ecc.

Come suggerisce Duccio Demetrio in “Storie di vita”, (1996), l’educazione si occuperà di considerare soltanto ciò che ha generato apprendimento e ciò che è stato elaborato cognitivamente su questi piani:

I) il piano delle informazioni, rivelatesi indispensabili alla vita pratica, morale, affettiva, identitaria e che ci darà, allora, qualche cosa di significativo agli effetti della ricostruzione dell’educazione intellettuale, sentimentale, civile, professionale.

II) Il piano delle rielaborazioni, ovvero delle destinazioni che il soggetto ha impresso a quanto imparato, funzionali alla realizzazione di un’immagine positiva, accettabile, ed estimativa di sé.

IlI) piano delle restituzioni, coincidente con tutto quanto il narratore di sé racconta a se stesso tra sé e sé, o al suo interlocutore, in merito a quanto ritiene di essere riuscito a trasmettere, a comunicare.

Le foto in ambito educativo trovano applicabilità con giovani, adulti, anziani.

I tempi che abitano tale formazione sono: il passato, il presente, il possibile. I ritmi di crescita e di sviluppo cognitivo sono: i bilanci di vita; esami di realtà; proiezioni.

Esaminando gli scritti di Wallon, Preyer e Lacan[1] e precisamente nell’affrontare lo sviluppo dei bambini, si potrebbe ipotizzare un’analogia tra l’utilizzo foto e lo stadio” dello specchio”, nonostante le diverse interpretazioni ed impostazioni a livello generale del suddetto stadio.

Durante la fase dello specchio si definisce lo schema corporeo, la distinzione fra sé e gli altri e l’articolarsi del linguaggio verbalizzato sintatticamente. Infatti intorno al quarto mese di vita l’interesse del bambino si acuisce per la propria immagine riflessa e quella di chi gli sta accanto.

Il bimbo cerca di toccare la propria immagine nello specchio, qualora sia presente anche una figura estranea al bambino, quest’ultimo tende ad osservare alternativamente la propria immagine e la figura reale dall’esterno. Intorno ai due anni si osserva che il bambino vive una forte conflittualità nei confronti dello specchio poiché il bambino sa che l’immagine di una figura nota è un’immagine vuota.

La mano che cerca l’altro dietro allo specchio riduce l’ampiezza del proprio movimento e si limita, nel caso della propria immagine, a toccare il retro dello specchio. In questa fase si possono generare dei disturbi, accentuando lo stato di conflittualità che si determina dal rapporto tra una figura raggiungibile e una figura vuota.

La persona si troverà di fronte ad un dilemma: immagini sensibili, ma non reali; immagini reali ma che sfuggono all’esplorazione percettiva.

Al termine della fase dello specchio vi è il punto d’arrivo che può essere raggiunto solo tramite la mediazione dell’altro.

Analizzando nei minimi particolari la fase o stadio dello specchio e di come esso favorisca lo sviluppo del futuro soggetto ossia la percezione del sé corporeo, i conflitti che lo specchio determina, l’importanza dell’altro, la consapevolezza dei propri limiti, ecc.; esperienze, che il bambino sperimenta per la sua crescita e il suo sviluppo, si ripetono sotto forme diverse al soggetto adulto nell’arco della vita.

Di fronte alle difficoltà, talvolta l’adulto perde il contatto col proprio sé corporeo e i conflitti sono visti ma non riconosciuti (Alvin W. Gouldner in “La sociologia e la vita quotidiana” p.41)

Inoltre, può capitare che il contatto con la realtà è precario e la percezione che si ha tra le istanze interne e la realtà, mancano di un collocamento stabile con l’esterno.

Partendo dall’immagine di sé, che il soggetto ha costruito nell’arco della propria vita che col tempo ha perso di vista o è diventato fonte di frustrazione.

La fotografia (proprio come lo specchio) può essere utilizzata, in ambito educativo, proprio per ripristinare e riordinare aspetti della propria vita che col passar del tempo si sono o sono stati oscurati. Proprio come lo specchio, l’immagine fotografica serve innanzi tutto per conoscersi.

Infatti la persona in difficoltà, attraverso le foto, ha modo di narrarsi e quindi di svelare come in realtà si percepisce e come si rapporta nell’ambito familiare e sociale. Per quanto riguarda la propria percezione corporea, l’adulto non si percepisce nella totalità, tutto ciò, è causato dal fatto che si guarda poco; e l’immagine che si crea di sé deriva dai rimandi che gli altri gli rimandano durante le interazioni. La foto invece rispecchiano angolazioni, posture, gesti, mai osservati.

Sull’immagine corporea, vero specchio mentale delle nostre percezioni, s’innesta il nostro vissuto psicologico, che condiziona e/o deforma la nostra l’immagine.

L’immaginazione oltre ad identificarsi con la rappresentazione mentale che ogni persona ha di se stessa, introduce anche la dimensione personale che interpreta la realtà e permette il confronto con il reale partendo proprio dal vissuto soggettivo.

Il problema in questo caso è: l’interrelazione tra la funzione cognitiva (che ci permette la visione oggettiva della realtà) e la funzione immaginativa (che trasforma il reale attraverso l’esperienza soggettiva che ne abbiamo).

Da non trascurare, poi, è la fantasmatizzazione, che non considera il reale ma lo ingloba nei vissuti psichici profondi.

La fotografia, utilizzata come specchio dell’immagine del proprio corpo, può far sì che si stabilisca un equilibrio tra le funzioni cognitive e affettive in relazione al corpo.

Variazioni dell’immagine corporea, secondo Schilder, sono gradite alla persona e vengono indotte anche per esempio dall’abbigliamento, dalla danza, dal maquillage, dal movimento espressivo ecc.

Talvolta guardando una foto si prende coscienza di come si è in realtà e quindi si avrà una differente percezione del proprio sé, diversa da com’è stata vissuta sino al momento considerato. Quindi l’immagine fotografica assume, in questo caso, anche un’altra funzione: svelare aspetti che non sono presenti alla coscienza, cioè attraverso le foto possono emergere situazioni conflittuali, stati d’animo, sensazioni, contenuti, sentimenti, che sono sfuggiti all’esplorazione percettiva del soggetto. L’individuo attraverso le foto, si riapproprierà della realtà che lo riguarda, materializzando ed interiorizzando il proprio vissuto, portando un cambiamento al suo presente. La fotografia sarà, quindi, fonte d’informazione, d’elaborazione, d’introspezione, di rimembranze, di proiezioni. Ancora le foto portano allo svelamento e alla percezione di una nuova realtà, di un rinnovato modo di vedere e vivere la quotidianità. Quindi, come lo specchio così anche le fotografie divengono un mezzo capace di divenire oggetto utile alla comunicazione, senza originare ansia eccessiva e predisponendo il soggetto al cambiamento.

Le fotografie possono spiegare e illustrare la storia individuale, di coppia e di famiglia del cliente.

Attraverso la descrizione che la persona fa si possono avere molte informazioni sugli individui ritratti, si viene così a conoscenza degli stereotipi, degli atteggiamenti, delle tradizioni presenti all’interno della famiglia.

In tal modo si potrà avere un quadro chiaro dei cambiamenti che, durante gli anni, hanno interessato i singoli membri ed il sistema sociale di appartenenza.

Si potrà, altresì, esplorare il significato che i mutamenti hanno prodotto, nonché studiare: le norme familiari, lo stile, l’abbigliamento, le alleanze.

Alcune foto aiutano ad entrare in contatto con ricordi legati a persone morte o con cui non si hanno più contatti. Esse sono una grande opportunità per rivedere i sentimenti e le emozioni legate a persone scomparse. Talvolta rivisitare queste foto con gli occhi da adulto permette la rivalutazione di eventi problematici. Rivisitando il passato le persone possono affrontare situazioni che potrebbero essere rimaste senza soluzione.

Nel guardare le foto si dovrà porre attenzione all’espressione della persona, agli stati d’animo, alle azioni, alla mimica facciale, alla postura e ai commenti spontanei.

Inoltre nell’esaminare le foto sarà opportuno esaminare le distanze esistenti fra i componenti: se sono troppe strette, invischiate oppure se sono distaccate. Molte foto rappresentano persone con le braccia conserte, con le mani dietro la schiena o sprofondate nelle tasche: tutto per evitare il contatto fisico con gli altri. Di notevole importanza sono i dettagli, quali: l’assenza di espressioni di affetto, di calore, d’intimità.

Altro aspetto da considerare è quanto affetto e sostegno hanno ricevuto le persone nei primi anni di vita, ciò è possibile esaminando le foto dove i bambini sono ritratti nelle braccia di un adulto, dall’atteggiamento e dalle espressioni impresse sulla pellicola o supporto digitale.

Il modo in cui i bambini vengono tenuti in braccio è estremamente importante nello sviluppo della loro capacità di rapportarsi agli altri.

Il bambino che viene tenuto – fisicamente ed emozionalmente – con vero affetto, da adulto saprà amare ed essere amato.

Diversamente proverà un senso di vuoto interiore e di nostalgia che si manterranno nel tempo e che comprometteranno i suoi rapporti da adulto e la sua capacità di essere genitore. Guardando le foto si nota spesso che alcuni adulti mostrano un modo contenente e sicuro di tenere i bambini in braccio; altri lo fanno in modo distratto e sembrano non prestare alcuna attenzione al bambino, altri ancora, li tengono in un abbraccio ansioso e troppo saldo.

Attraverso le foto si può prendere coscienza della distanza esistente tra familiari o vedere l’invidia e la rivalità esistente fra fratelli. La posizione che si occupa, le distanze e l’attaccamento nei confronti di un familiare sono degli indizi importantissimi per comprendere il ruolo che si ha o si aveva in famiglia. Attraverso la riproduzione fotografica si può ipotizzare la preferenza per i maschi o le femmine, perché il genere favorito occuperà la posizione in primo piano, mentre gli altri avranno un posto di minore rilievo.

Le fotografie sono di grande aiuto per individuare e vedere i problemi, perché mettono in risalto le interazioni familiari, talvolta confermando oppure smentendo memoria e percezione. Davanti alla macchina fotografica si possono inconsciamente manifestare aspetti importanti del funzionamento di una famiglia. Non di rado si possono esplorare legami dissolti da tempo, le persone in questo caso appaiono rigide, distanti le une dalle altre, con le braccia penzoloni o nascoste; oppure vediamo che alcune persone sembrano avere un ruolo protettivo, mentre altre sono chiaramente protette. Le foto ci possono dare dimostrazione del tipo di funzione svolta dai vari membri della famiglia all’interno del sistema familiare. Alcuni bambini, ad esempio, devono rivestire ruoli da adulti molto gravosi sin da piccoli. Di solito chi ha questo ruolo, nella foto, si situa o è posizionato al centro, questa centralità rappresenta il fulcro della famiglia, il soggetto che media ed unisce un gruppo. Di contro il <<capro espiatorio>> o la <<pecora nera>> di un gruppo, all’interno di una fotografia, è messo da parte, parzialmente nascosto dagli altri o addirittura escluso.          

Concludendo si può osservare come, attraverso le foto, i bambini imitano i genitori e come, assorbono l’aspetto degli adulti.

Infatti, spesso, gli adulti riproducono inconsciamente il linguaggio corporeo e le espressioni dei genitori; tale realtà emerge proprio osservando una vecchia fotografia.

 

 

 

 

 

 

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[1] Lacan J. Le stade du miroir comme formateur du Je, ecrits, pp.95-100. trad. italiana: Lo specchio come formatore delle funzioni dell’Io, Scritti, I, pp 87-94, Torino, Enaudi, 1974.