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Son più importanti le domande che ti fai delle ris…

Son più importanti le domande che ti fai delle risposte che ti dai. È più importante sentire che capire.

Marco Chisotti

Tendo a pensare che sia il caso a guidarci nella vita più che la volontà, il desiderio o il bisogno, non perché sia meglio il caso, probabilmente il caso è solo una misconoscenza o una conoscenza non ancora raggiunta, ma perché alla fine è poco utile farsi domande sulla complessità, meglio pensare in modo pragmatico e guardare avanti, il caso è la risposta più semplice alla complessità.

Le domande sono al contrario le migliori risposte al caso, ci fanno guardare in una direzione e ridurre così la complessità del mondo attorno a noi, possono renderci consapevoli, possono donarci soluzione, perché pongono tutta la nostra attenzione in un punto pre selezionato.

Ora non rimane che porci delle domande, funzionali, che ci permettono di ottenere ciò che desideriamo, la protezione la stabilità, la tranquillità, la felicità, la serenità, il benessere …

Dalle domande impostate sul cosa e sull’essere: Cosa mi fa star bene? Cosa mi permette di essere sicuro? Cosa mi fa essere sereno? Cosa mi fa esser felicità?

Si deve passare alle domande impostate sul come è sul sentire: Come sto bene? Come mi sento sicuro? Come mi sento sereno? Come mi sento felice?

Le cose sono fanno parte della descrizione e lo stato passivo dell’essere, mentre il cognome è un processo, ed il sentirsi è un processo autoreferenziale.

Forma e processo sono due esperienze fondamentali del vivere, la forma è importante per capire, apprendere, mentre il processo è sostanzialmente il mondo entro il quale viviamo, è fatto di emozioni che son raggiunte quando l’attività del percepire viene affiancata ad un contesto semeiotico, dove noi diamo significato alle nostre esperienze.

Credo che vadano apprese le esperienze emotive nella loro complessità prima di procedere a porci delle domande banali sulle cose che ci rendono l’interesse alla vita, È però difficile lasciare il bisogno di capire e spiegare, pur senza risolvere, e quindi dare un significato completo alle esperienze che viviamo, e passare in un contesto in cui proviamo, sentiamo e viviamo.

Le domande possono appassionarci e coinvolgerci e ci stimolano a capire, ma il capire non equivale a star bene, anzi spesso addirittura non basta star bene, vogliamo altro.

La logica è una compagna di viaggio molto importante, ma da sola non è in grado di illuminarci la strada, c’è una componente emotiva che sottovalutiamo, le emozioni sono sempre state considerate un prodotto di scarto delle decisioni umane, in verità dominano tutto il territorio della psiche, dominano la ragione, dominano il fisico, dominano l’economia, così tutti i mercati sono in influenzati dalle emozioni.

Più che dar spiegazioni mi sento di dare consigli in questo momento, consiglio alle persone di imparare a parlare col proprio inconscio delle proprie emozioni, consiglio dunque di gestire questa vena inesauribile di ispirazione, di forza, di energia quale è quella delle emozioni.

Le domande sgorgano dall’influsso delle nostre emozioni, generano nuove esperienze, anche quando cerchiamo di capire ci appassioniamo, ci concentriamo ed alla fine ci emozioniamo. Le emozioni alle volte fissano nella nostra memoria le esperienze, alle volte le cancellano. Mi domando se mai si riuscirà a svelare il mistero della coscienza, quell’esperienza che ci capire, comprendere, emozionare, quell’esperienza che ci fa anche porre le giuste domande.

Le domande giuste son quelle che ci fan sentire, ci danno coscienza, ci fanno avvicinare gli altri, ci fan vivere la vita, il sentire è un processo, ci permette di creare, mentre il capire è un dar forma alle cose, entrambi le esperienze son importanti, ma sostanzialmente differenti …

Ho speso buona parte della mia vita professionale a capire, ora sto cercando di sentire, credo che la terapia stia nel mezzo e che possa funzionare veramente solo nel momento in cui muove le emozioni, mi accorgo spesso che non è molto sentito questo mondo di mezzo, ma credo, sostanzialmente, che il futuro della terapia nelle relazioni d’aiuto stia proprio nel mezzo, non ci saranno più terapeuti della mente e terapeuti del corpo, è una comprensione completa del mondo psicobioemotivo dell’individuo quella che oggi manca, ci si incontrerà in un lavoro sugli stati mentali (l’ipnosi) che costituirà il punto di accesso al mondo della coscienza, della consapevolezza, ed il mondo del sentire, la soluzione ed il rimedio per tutto quello che non rientra nel mondo della malattia conclamata.