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Una mera giustificazione. Marco Chisotti.

Una mera giustificazione.

Marco Chisotti.

“Il metodo non può che costituirsi nella ricerca. Qui bisogna accettare di camminare senza sentiero, di tracciare il sentiero nel cammino.” EDGAR MORIN

I nostri cervelli son più diversi tra loro di quel che sembra, anche dal punto di vista della stessa consapevolezza. La differenza è riscontrabile sia a livello di stati mentali vissuti in maniera differente, struttura percettiva e struttura cognitiva, sia per come viene utilizzato lo stesso cervello nelle sue parti.

Tutti usiamo tutto, quando il tutto riguarda la nostra vita personale. Impossibile non usare ciò che si conosce. Siamo fatti della nostra conoscenza!

Siamo curiosi quando qualcuno parla di noi perché in quel momento costruiamo la nostra identità, esistiamo descrivendoci, ogni identità ha bisogno di essere affermata, successivamente collaudata, per essere confermata.

Partendo dall’idea di identità si può dire che alcuni problemi nascono quando non riusciamo a mantenere una coerenza in ciò che siamo o che rappresentiamo per noi stessi.

Un altro genere di problema nasce quando il nostro mondo di convinzioni, frutto delle nostre esperienze, non è in grado di adattarsi al mondo esterno, abbiamo difficoltà a ritrovarci, identificarci, in un ruolo entro il quale vivere.

I cambiamenti sono l’unica strada che possiamo utilizzare per ritrovare un adattamento nella nostra vita.

Essendo il cambiamento una manovra che va a modificare il piano percettivo che abbiamo della nostra vita, é ostacolato dalle nostre convinzioni e dobbiamo voltare le spalle alla ragione interna dettata dalla nostra identità coerente, se vogliamo cambiare, solo in un approccio creativo verso la vita troviamo le risorse per il cambiamento.

Ogni Stato mentale avendo la sua memoria è una nicchia di convenzioni che non permette facilmente un cambiamento, per poter cambiare abbiamo bisogno di lavorare a modificare lo stato mentale in cui viviamo, Quell’equilibrio di sensazioni e pensieri che ci accompagna quotidianamente in un continuo dialogo interno nel quale confrontiamo, riconsideriamo, ricordiamo, anticipiamo gli eventi.

Il cambiamento trova le sue fondamenta nell’immaginario, l’esperienza di cambiamento agisce sul nostro stato mentale abituale, poggia la nostra percezione su una base differente da quella a cui siamo abituati, un cambiamento di stato mentale è dunque una dimensione creativa dove possono avvenire cose nuove, utilizza la continuità cognitiva per smorzare tutti gli attriti con piani di prospettiva, percettiva e cognitiva, differenti.

La logica ci permette di allontanarci dal nostro stato mentale senza perdere il nostro orientamento nella vita, la logica ci mantiene in contatto con gli altri, ci permette di accrescere la nostra esperienza attraverso il confronto, con la logica noi ci possiamo permettere un allontanamento dallo Stato mentale abituale.

Dunque entriamo nello spazio del cambiamento, quello spazio creativo che otteniamo nell’immaginario, mantenendo un contatto con la logica, che è il nostro traghettatore, una sorta di Caronte in grado di traghettarci da uno stato mentale a un’altro, mantenendo il nostro equilibrio.

Possediamo tre spazi mentali uno relegato alla logica, lo spazio della ragione, o spazio cognitivo, questo ci mantiene in contatto con il mondo reale, a livello sia percettivo che elaborativo, mettendo in comparazione la percezione attuale con le memorie esperienziali possedute.

Un altro spazio è quello dei sensi, la dimensione corporea entro la quale viviamo, tutti i bisogni e le necessità del nostro fisico, in quest’area sostanzialmente manteniamo la nostra identità attraverso le esperienze del nostro quotidiano.

C’è poi un terzo spazio dedicato all’assemblaggio delle esperienze cognitive, il mondo delle idee, il mondo delle nostre convinzioni, che formiamo mano a mano che fissiamo nella memoria le nostre esperienze.

Questi tre spazi o mondi differenti, si comportano in modo indipendente per ritrovarsi poi a condividere un unico spazio mentale, la nostra consapevolezza, son le convinzioni che si formano con esperienze e si fissano nel nostro mondo interno, a creare il mondo della nostra identità cosciente.

È nel mondo emotivo, nel mondo dell’immaginario che andiamo a trovare la forza dell’adattamento, è questo un approccio creativo che si modifica costantemente per farci trovare il miglior equilibrio possibile tra mondo delle idee, mondo dei sensi, mondo delle emozioni, nel quale vivere.

Dunque potrei dire che la nostra identità è un continuo adattamento tenendo fermi dei punti di partenza, convinzioni, valori, credenze, un esercizio di logica che ci rende comprensibile agli altri, che ci permette di condividere con loro la vita, confrontarci con la loro percezione del mondo, e poi uno spazio creativo, dove le cose non sono solo quello che pensiamo siano, dove è possibile vedere le cose in un modo differente.

Viviamo costantemente attraverso contenuti che si rendono significativi su uno sfondo, questo perlomeno è ciò che la nostra esperienza ci dice, tendenzialmente noi diamo più importanza ai contenuti dimentichiamo facilmente il contesto, e però il contesto a definire il significato dei contenuti per cui noi abbiamo la coscienza limitata dal momento che il contesto è in mano al lavoro del nostro incrocio, essendo una esperienza troppo complessa per mantenerla a livello di coscienza.

L’esperienza percettiva, essendo una costruzione continua, non è sotto la nostra diretta consapevolezza, noi abbiamo solo l’uso frutto dell’esperienza percettiva, c’è uno sfondo, il contesto, entro il quale noi cogliamo dei contenuti, ci concentriamo su questi dimenticando l’insieme.

Quello che la nostra esperienza ci dice è condizionato dalla coerenza con la quale noi ordiniamo i contenuti che ci troviamo a vivere, il contesto è creato dalla nostra mente in modo inconsapevole, noi viviamo il prodotto di una costruzione cognitiva inconsapevole, il nostro inconscio è il regista della nostra esperienza, raccoglie fotogrammi, immagini e compone per noi un’esperienza che noi percepiamo con continuità cognitiva come un film coerente e continuo.

La continuità cognitiva ci permette di mantenere collegate le cose tra loro nel film della nostra esperienza di vita, il nostro inconscio tiene conto della nostra capacità di continuità cognitiva nel comprendere in modo congruo e coerente la nostra vita.

La capacità di percepire in un’unica esperienza percettiva un oggetto composto da migliaia e migliaia di particelle percettive, dove un quanto di informazione viene tradotto in un che cosa, è la nostra continuità cognitiva.

Ogni Stato mentale è vissuto come un mondo a sé, possiede la sua identità, è vissuto in una continuità cognitiva, coerente con il resto delle nostre convinzioni, entro la quale spieghiamo, e comprendiamo la nostra esperienza.

Vorrei aggiungere ancora a questo panorama espositivo e funzionale che non ha pretese di dare spiegazioni ma solo di modellare un’ipotesi di lavoro della nostra mente, vorrei aggiungere che le nostre esperienze cognitive si differenziano anche per il fatto che ogni persona è una quantità in percentuale di coscienza differente dagli altri.

Credo che la quantità di consapevolezza che abbiamo dell’attività cognitiva del cervello vari da persona a persona, anche se indicativamente i cervelli sembrano simili i comportamenti sono differenti, questo è dovuto proprio ad un uso diverso del cervello, e, come conseguenza, delle sue parti vissute in modo cosciente o meno a seconda delle persone.

Penso sia utile, in questa fase di ricerca e conoscenza, anticipare quelle che sono le ipotesi delle Neuroscienze in modo da poter acquisire una sensibilità maggiore, rispetto al passato, verso le possibili variazioni dell’intelligenza come prodotto dell’attività cognitiva, senza farci spiazzare da quelle che sono le individualità dell’attività cognitiva stessa, credo che l’incontro tra mondo delle idee, mondo dei sensi ed emozioni sia totalmente differente nelle persone, la sua stessa attività metta in luce un discorso esclusivo, molte volte semplicemente giustificato dai ragionamenti che lo sostengono.

Credo ci sia proprio bisogno di parlare di metodo Psicobíoemotivo perché questa trilogia è all’alba della sua esperienza, malgrado se ne stia parlando da tanto tempo, l’unità per la quale si sta lavorando non è stata ancora raggiunta.

Le spiegazioni che si ascoltano sono più giustificazioni che non funzionalità, in modo pragmatico dobbiamo trovare ciò che funziona e promuoverlo aiutando l’evoluzione cognitiva a intraprendere percorsi costruttivi che possano gestire la straordinaria qualità potenziale della nostra intelligenza, sia nella sua parte cosciente come nella sua parte inconscia.