“Tutto ciò che è detto è detto da un osservatore”. Humberto Maturana.
Quest’affermazione ben riflette i cambiamenti avvenuti nel campo dell’epistemologia moderna da Karl Popper in poi. Non esistono fatti “nudi”, ovvero al di fuori delle teorie. Al contrario, ogni osservazione, è ritenuta possibile solo alla luce di teorie, e nessuna conoscenza è data dall’ambiente, ma è sempre sviluppo di una conoscenza precedente.
Se affermiamo che ciò che stiamo osservando è complicato, diciamo che la descrizione (spiegazione) richiede un costo in termini di tempo e/o di spazio molto alto, magari superiore ai limiti che pone la vita stessa. Se affermiamo, al contrario, che ciò che stiamo osservando è complesso, come osservatori indichiamo una nostra proprietà intrinseca, che ci rende irriducibili a qualunque descrizione, e quindi a qualunque spiegazione.
La vita è complessa, l’intelligenza è complessa, l’uomo è complesso, tutte le spiegazioni che ci diamo, e le descrizioni che costruiamo, quando in una relazione d’aiuto ci interessiamo alla storia di qualcun’altro, sono tautologie, affermazioni vere per definizione, ma fondamentalmente prive di qualunque valore informativo, spiegazioni che ci diamo per darci pace.
Allo stesso modo anche le implicazioni che generiamo sono, molto spesso, figlie di tautologie, ma allora perché darci una spiegazione, perché darci un perchè se non aggiunge nulla alle informazioni possedute?
La risposta è pragmatica, molto semplice, perché funziona! Le persone che ottengono di “capire” il motivo per cui un evento è successo stanno meglio, ed alle volte “magicamente” ne guariscono, per questa ragione serve darsi una spiegazione anche nel mondo complesso della mente umana, che per definizione è irriducibile, dunque non regge nessuna spiegazione.
Ma se la spiegazione, il perchè, non è vero, essendo impossibile trovare una verità nel mondo della complessità, ed essendo una semplice tautologia allora è una costruzione, spesso inconsapevole, da parte dell’osservatore.
Il sistema che regge tale invenzione della ragione per cui è avvenuto un fatto è un sistema di convincimento che, giocoforza, fa leva su fedi e credenze, tutte le idee che ci facciamo della vita e degli altri sono credenze, convinzioni, fedi, tutto il conoscere umano è un atto di fede.
Potrei fermarmi qui perché “in verità in verità vi dico” è forse il primo atto di fede che possiamo riportare dall’antichità, da allora ad oggi son cambiate tantissime spiegazioni e innumerevoli perchè, ma alla fine dei conti siamo rimasti nella fede, la fede è la giusta interfaccia del mondo complesso, cioè della vita.
Niklas Luhmann introduce elementi ulteriori nella caratterizzazione della complessità egli infatti afferma che un fatto è complesso se consiste di così tanti elementi che questi si possono mettere in relazione reciproca solo selettivamente. La complessità presuppone cioè un processo di riduzione che è basato su un criterio di selezione interno a ciò che stiamo osservando.
La selezione è frutto di scelte e decisioni, paradigmi e presupposti, non se ne esce, si rimane nella responsabilità della nostra storia, di quello che decidiamo, scegliamo.
Quando Herbert Simon, un economista, psicologo e informatico statunitense, formula la teoria della “razionalità limitata”, secondo la quale il comportamento degli esseri umani segue le leggi della ragione, per cui essi scelgono tra tutte le opzioni possibili quella che meglio corrisponde ai loro bisogni, ma in condizioni di ineludibile limitatezza determinate dalla impossibilità per loro sia di prendere in esame tutte le opzioni possibili che di formulare un criterio di scelta razionale ed univoco, egli spiega la complessità dei comportamenti umani attraverso la combinazione di un criterio semplice (quello della razionalità) e dei fattori che rendono quel criterio inadeguato. Mi ritrovo a disporre di spiegazioni in una limitata razionalità che è l’unica razionalità gestibile dalla nostra struttura cognitiva, si può pensare che ogni persona fa i conti con la propria razionalità e deve rispondere dei suoi limiti e delle sue possibilità, non se ne esce, si rimane intrappolati nel paradosso della cognizione o del linguaggio, strumento della cognizione stessa.
Il paziente è spiazzato nella sua logica e diventa recettivo ad altre suggestioni.
Allora cosa ci rimane? Mi sto arrendendo alla logica così limitante e limitata, forse non son sufficientemente intelligente da abbracciarla tutta, ma c’è forse chi lo è? Mi servirebbe sapere che un computer è in grado di farlo? Mi dovrei fidare del suo computo, ma se non mi fido del mio ragionamento come posso fidarmi del suo?
Milton H. Erickson racconta: “L’inaspettato può sempre fare deragliare dei pensieri! All’università un professore prese a dire: A me non piace… ed io non gli lasciai finire la frase e dissi: Neanche a me piace la neve!… E poi, la cosa meravigliosa è che non ci sono due fiocchi di neve uguali!”
Accetterò l’inaspettato delle persone, l’intuito, fuori dalla ragione perchè so che li aiuta nel loro mondo, nei loro limiti che rispetto, nelle loro possibilità che stimo ed invoglio, e tra le loro possibilità ci vedo l’inconscio, l’angelo custode, lo spirito guida, i suoi compagni di viaggio più utili e fedeli.
Per il resto rimango a guardare, non pretendo di spiegare, lascio che il mio intervento perturbi il sistema e rimango a guardare, se avviene un cambiamento bene, altrimenti cerco un altro paradosso che non riesco a spiegare e lo do in pasto al loro inconscio, il paradosso è una modalità di comunicazione che si adatta all’inconscio delle persone, in quanto l’inconscio elabora le parole in modo diverso, analogico, e con minore senso critico o razionale, si pone meno domande e dà risposte.
Il paradosso fornisce degli input mentali inconsci che allargano le nostre potenzialità mentali e travolge le nostre prospettive. Molto spesso veniamo messi in una situazione insostenibile dal punto di vista razionale, per cui dobbiamo cercare naturalmente scampo nella parte emotiva. Il paradosso è una contraddizione logica che, giungendo inaspettata, ci spiazza e ci porta a cercare rifugio nella nostra parte emotiva inconscia, dove possiamo trovare una possibile soluzione ai nostri problemi.
Credo che in fondo è questa la “ragione” per cui crediamo attraverso la fede, ci fidiamo di quello che capiamo e ci spieghiamo, la nostra fede, ci sentiamo bene credendo nell’effetto taumaturgico delle parole, ci occupiamo volentieri dei prodigi e dei miracoli, siamo sempre alla ricerca dei miracoli e della magia, come l’ipnosi, perché contrastano i limiti della ragione rispettando la complessità dell’esperienza umana irriducibile da qualunque spiegazione possibile.
È ragionevole riuscire a convincersi dei fatti della vita, ma solo una parte della nostra mente lavora con la ragione ed accetta d’esserne convinta, buona parte della nostra mente vive di fede prega e spera e le parole che usa, per domandare attraverso la preghiera, sono ascoltate anche dal suo sistema immunitario che provvede, forse per alcuni è fede quella che mi fa credere che la magia delle guarigioni abbia un perchè, a me piace pensare che sia un lavoro con gli stati mentali attraverso l’uso dell’ipnosi, ma in fondo non cambia molto, dipende dalla spiegazione che ci diamo.